Scaglia Rossa

SCAGLIA ROSSA

Introduzione

La formazione della Scaglia Rossa rappresenta un’unità litostratigrafica (corpo roccioso separabile da quelli adiacenti in base alle caratteristiche litologiche ed alla posizione stratigrafica) della nota Successione Umbro-Marchigiana, ben esposta nelle principali dorsali carbonatiche (allineamento di monti costituiti da rocce con carbonato di calcio) dell’Appennino centro-settentrionale. Questa unità è stata studiata principalmente nell’Appennino Umbro-Marchigiano, dove sono localizzate le più importanti sezioni stratigrafiche di riferimento; infatti, l’area-tipo della Scaglia Rossa si estende tra Gubbio e Monte Nerone.
La Scaglia Rossa testimonia una sedimentazione carbonatica di tipo pelagico, cioè di mare aperto e relativamente profondo. Questa lenta decantazione di micro-particelle carbonatiche dalla colonna d’acqua formava una lenta nevicata di sedimenti che si accumularono sul fondale marino sotto forma di fanghi carbonatici in un intervallo di tempo tra circa 94 e 48 milioni di anni fa (base del Turoniano-Eocene inferiore – Ogg et alii, 2016). Questi fanghi, a seguito di lunghi processi geologici, si trasformarono infine da sedimento a roccia (litificazione).
Nell’area umbro-marchigiana, la Scaglia Rossa poggia sulla Scaglia Bianca e il limite può essere riconosciuto pochi decimetri al di sopra del “Livello Bonarelli”, e passa stratigraficamente alla Scaglia Variegata, e possiede uno spessore variabile dai 60 metri ai 450 metri (Centamore et alii, 1986; Parisi, 1989; Centamore & Micarelli, 1991).
Dati gli ingenti spessori e la tipica colorazione, questa formazione caratterizza e può essere riconosciuta su gran parte dei nostri monti.

Cenni storici

La Scaglia Rossa fu introdotta in letteratura da Bernardino Lotti per indicare i calcari marnosi di color rosso mattone interposti tra la Scaglia Cinerea ed il “calcare rosato” (Lotti, 1926). La denominazione è stata successivamente utilizzata per indicare i calcari e calcari marnosi selciferi e rosati, includendo quindi anche il calcare rosato che Lotti considerava originariamente distinto litologicamente. Nella letteratura geologica sono utilizzati diversi sinonimi: Zittel (1869, 1870) si riferì alle rocce in questione con il nome di “calcare rosso-rosa” e “scaglia”; Renz (1951), utilizzando un approccio paleontologico, distinse una “scaglia con Globotruncane”, priva di selce, da una “scaglia senza Globotruncane”, contenente invece Globorotalie e Globigerine, facendo riferimento alla presenza, assenza e avvicendamento faunistico di foraminiferi planctonici importanti nel datare relativamente la successione. La Scaglia Rossa è stata cartografata con differenti denominazioni e in alcuni casi è stata associata alla Scaglia Bianca (ad esempio nel Foglio 109 Pesaro, 117 Jesi e 124 Macerata della Carta Geologica d’Italia in scala 1:100.000).
Questa unità è stata formalizzata come unità tradizionale della Successione Umbro-Marchigiana da Petti & Falorni (2007).

Caratteri litologici

Dal punto di vista litologico, la Scaglia Rossa è costituita da calcari micritici rosati e rossi, con frattura concoide o scagliosa, intercalati a calcari marnosi e marne rosso mattone. La stratificazione dell’unità è molto regolari e gli strati possono variare nello spessore dai 10-15 cm ai 70 cm. La componente calcarea associata alla selce in liste e noduli domina la parte basale e l’estrema porzione sommitale della formazione, mentre la parte medio-superiore è costituita prevalentemente da marne e calcari marnosi (Parisi, 1989). La pirite è presente in alcuni calcari non rossi nella porzione inferiore dell’unità (Arthur & Fischer, 1977).
Il limite inferiore con la sottostante Scaglia Bianca è indicato dalla prima comparsa di strati calcarei rosati o rossi contenenti selce rossa, poco al di sopra del “Livello Bonarelli” (Parisi et alii, 1989). Il limite superiore con la Scaglia Variegata è invece più graduale ed espresso dal passaggio da calcari rossi con selce ad alternanze policrome di marne calcaree, calcari marnosi e subordinati calcari micritici riferibili appunto alla Scaglia Variegata (Monechi & Parisi, 1989).
Sulla base di alcune differenze cromatiche e della presenza o assenza della selce, l’unità è stata suddivisa in quattro membri (Alvarez & Montanari, 1988; Parisi, 1989; Coccioni et alii, 1994; Premoli Silva & Sliter, 1995). Un aspetto della Scaglia Rossa che risulta molto importante per le ricostruzioni paleogeografiche dell’area umbro-marchigiana riguarda l’intercalazione di livelli detritici nella tipica successione pelagica dell’unità. Tali livelli detritici, che raggiungono spessori anche di due metri e che possono essere incontrati a vari livelli all’interno della successione, sono costituiti da rocce di colore bianco con sedimenti a granulometria maggiore rispetto ai tipici calcari dell’unità e contenenti associazioni microfossilifere di ambiente “neritico”, ossia di acque poco profonde (Fig. 6). Tali sedimenti e la fauna associata provengono da ambienti deposizionali molto diversi dall’ambiente “pelagico” in cui si deposero i sedimenti tipici che oggi costituiscono la Scaglia Rossa, e ci informano sulla posizione e produttività di grandi piattaforme carbonatiche alle periferie del bacino umbro-marchigiano. Nell’area Monte Pietralata-Monte Paganuccio possono essere osservate diverse intercalazioni detritiche nella porzione intermedia della formazione, e un potente banco detritico correlabile sull’intera dorsale. Talvolta è possibile rinvenire livelli con slumps, cioè con deformazione plastica degli strati non ancora completamente litificati legata a instabilità del fondale marino (ad esempio, innescata da un terremoto e/o dall’esistenza di un pendio connesso con una fisiografia articolata del fondo del mare), che si sono mobilizzati portando alla formazione di caratteristici livelli convoluti e contorti.

Il Limite Cretaceo-Paleogene (K-Pg)

La Scaglia Rossa è nota per contenere il limite Cretaceo-Paleogene (precedentemente indicato con il Limite Cretaceo-Terziario o K-T, ma non più utilizzabile), che segna l’estinzione di massa alla fine dell’Era Mesozoica, avvenuta circa 65 milioni di anni fa. L’estinzione di fine Cretaceo è una delle maggiori estinzioni di massa che si conoscano e condusse alla scomparsa di circa il 75% delle specie animali e vegetali allora esistenti. Una delle ipotesi più accreditate sulle cause dell’estinzione contempla diversi cambiamenti ambientali e climatici innescati dall’impatto di un grande meteorite sulla superficie della Terra. L’ipotesi extra-terrestre come causa dell’estinzione di massa venne proposta da Alvarez et alii (1980) sulla base di un livello argilloso di colore verde e rosso osservato nella sezione del Bottaccione (Gubbio). Il livello, spesso circa un metro e posto al di sopra di uno strato calcareo bianco di 30 cm di spessore, risulta caratterizzato da un’anomalia nell’abbondanza di iridio, un minerale del gruppo del platino molto raro sulla Terra ma comune nei corpi extra-terrestri, e contiene una fauna indicativa dell’ultima parte del Maastrichtiano (Parisi et alii, 1989; Premoli Silva, 1994). L’ipotesi di Alvarez ha successivamente incontrato molto favore grazie alla scoperta in varie località della Terra, a partire dai primi anni ’90 del secolo scorso, di crateri di impatto di grandezza ed età compatibili con l’estinzione di massa Cretaceo-Paleogene, i più conosciuti dei quali sono il cratere di Chicxulub nella penisola dello Yucatan (Messico) e il cratere di Shiva, riconosciuto sul fondo dell’Oceano Indiano a ovest di Mumbai.
Nell’area umbro-marchigiana il limite Cretaceo-Paleogene può essere riconosciuto sulla base della comparsa di foraminiferi planctonici del gruppo delle Globorotalie e Globigerine, che sostituiscono il gruppo delle Globotruncane. In diversi affioramenti della Scaglia Rossa sul Monte Nerone e al Furlo tale cambiamento faunistico è piuttosto evidente, come ad esempio in località Bacciardi o salendo verso il Monte Pietralata.

Fossili
Il contenuto fossilifero della Scaglia Rossa è rappresentato da foraminiferi planctonici (Luterbacher & Premoli Silva, 1964; Premoli Silva, 1977; Premoli Silva & Sliter, 1995), foraminiferi bentonici (Galeotti et alii, 2002) e nannofossili calcarei (Monechi, 1977; 1989; Tremolada, 2002).

Affioramenti chiave

Le principali località dove poter apprezzare i caratteri litologici e paleontologici della Scaglia Rossa sono:
i) le pendici della dorsale Monte Nerone-Monte Catria, lungo le profonde incisioni dei fiumi Burano, Bosso e Candigliano. In particolare, spettacolari sono gli affioramenti: lungo la strada provinciale Apecchiese SP 257, tra Apecchio e Acqualagna; lungo la strada che da Piobbico conduce a Secchiano, e in particolare a località Bacciardi, dove è ben esposto il “Limite K-Pg” e il passaggio alla sottostante Scaglia Bianca con il “Livello Bonarelli” . Lo stesso è visibile a Poggio le Guaine; di Pontedazzo, lungo la strada statale Flaminia SS 3; di Monte Petrano, nei pressi di Moria e Palcano e lungo la strada che dalla cima del Petrano conduce a Cagli; a Chiaserna, lungo la strada che conduce al Monte Catria così come a Frontone.
ii) nella Gola del Furlo, e in particolare lungo la strada sterrata che da Furlo conduce al Monte Pietralata, dove affiora il “Limite K-Pg” e si possono apprezzare sia gli slumps le intercalazioni di livelli a sabbie carbonatiche provenienti da piattaforme carbonatiche produttive.
iii) In prossimità dell’abitato di Arcevia.
Altri affioramenti caratteristici, sebbene fuori dalle nostre aree, si hanno al Bottaccione, lungo la strada statale Eugubina, nella Valle della Contessa, dove un enorme fronte di cava permette l’esposizione di quest’unità, e a Genga.

Bibliografia

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