Trovateci, se ci riuscite!
L’itinerario si sviluppa in gran parte su sentieri e strade minori, lontano da grandi centri urbani. Tavoleto è il punto di partenza, intorno un territorio che in passato era un’importante via di comunicazione per tante persone di qualsiasi estrazione sociale. San Giovanni, Santa Maria in Silvis, Valle Avellana richiedono attenzione e occhio per trovarli e apprezzarli, sono collegati da sentieri che si aprono tra campi coltivati, niente è lì a caso, uomo e natura lavorano assieme da secoli per creare tanta bellezza, ma anche per non dimenticare. Il Museo della Linea Gotica di Casinina tramanda un recente passato e un attualissimo insegnamento di pace e fratellanza tra popoli.
Località di partenza: Tavoleto
Località di arrivo: Tavoleto
Lunghezza: 22,23km
Difficoltà: media
Bicicletta consigliata: MTB
Descrizione:
L’itinerario si propone di riscoprire un territorio che in diverse epoche è stato abbandonato e dimenticato, per poi ciclicamente essere recuperato dall’oblio e ritornare ad essere luogo abitato e accogliente.
Così il piccolo borgo di Valle Avellana, il monte di San Giovanni e le lande circostanti sono troppe prossime a poli turistici come Urbino e l’alto Montefeltro, o posti popolosi dove si trova lavoro e servizi come la valle del Foglia tra Sassocorvaro e Borgo Massano.
Eppure già nel periodo bizantino (VII-VII sec) poco più a ovest correva la “Flaminio Conca” strada carrozzabile a grande traffico, nominata per l’appunto “regalis”.
Tavoleto, punto di partenza del nostro itinerario, sembra che debba il suo toponimo al termine latino “tabelatum”, ad indicare il luogo in cui i tronchi degli alberi venivano trasformati in tavole.
Si racconta che l’impalcatura calpestata dallo stesso Michelangelo per dipingere la Cappella Sistina provenga da qui, comunque è certo che enormi quantità di legname venivano trasportate a Roma per erigere chiese e palazzi.
La maestosità del Palazzo Petrangolini dall’aspetto goticheggiante, troneggia in questo piccolo borgo, fu edificato nel 1865 sulle rovine della fatiscente rocca costruita da Francesco di Giorgio Martini, ma addentrandoci per le strette vie di Tavoleto , tutto è molto più raccolto e essenziale.
A dispetto di un passato vorticoso e “rumoroso”, fatto di secoli di contesa tra la famiglia dei Malatesti di Rimini ed i Montefeltro di Urbino, ci è richiesta un’andatura lenta e silenziosa che permetta di cogliere “l’in-significante” di queste zone, non certo perché prive di interesse o storia ma bensì per capire ed apprezzare il significato “in”: dentro, nascosto del luogo in questo nostro tempo.
La strada provinciale 129 ci regala ampie vedute sulla valle, con qualche sali e scendi su un buon fondo ci porta alla frazione di San Giovanni, impossibile non notare l’accuratezza con cui è stato restaurato e la passione con cui viene abitato.
Poche case con i mattoni in argilla, come il suolo in cui poggia, si incastrano perfettamente in un agglomerato concentrato ma non soffocante, sorprende incontrare all’uscita dell’abitato una residenza signorile, e non ci può sfuggire una piccola nicchia dedicata alla Madonna, pensare quante persone nei secoli vi abbiano rivolto lo sguardo è quasi commovente.
Lasciamo la provinciale per addentrarci in un sentierino che costeggia la Chiesa di San Giovanni ed il Parco Don Pasquale Righetti, l’ideale per una sosta. Prendiamo il sentiero argilloso sulla dx ed entriamo in brevissimo tempo in una dimensione ancora più agreste.
Qui possiamo passare distratti e arrivare in breve alla strada asfaltata o farvi inebriare la vista dal verde intenso dall’erba medica, che in tutta la sua semplicità ci accompagna lungo il sentiero.
Ma è veramente una erba così semplice e di poco conto?
Acclamata come “La regina delle foraggere”, trova in questi suoli argillosi il suo adattamento, come una vecchia saggia non rimane con le sue radici in superficie accontentandosi di cogliere l’acqua piovana ma il suo apparato radicale scende in profondità dove trova acqua più ricca e stabile, è la foraggera più resistente alla siccità.
Quelle piccole foglie che lambiscono le nostre gambe mentre pedaliamo sono la parte più nutriente, ma il pascolamento di animali va fatto con prudenza, l’erba medica troppo giovane può causare gonfiori abnormi, rischiosi per la stessa sopravvivenza dell’animale.
Questa leguminosa è stata sempre considerata una coltura miglioratrice che di norma segue e precede il frumento, è incompatibile nella successione solo con sé stessa.
Risbuchiamo sulla strada per il Monte Osteriaccia, in passato doveva essere presente un luogo di sosta per i viandanti, inforchiamo in discesa via Valle Avellana ma facciamo attenzione alla disposizione delle piante, filari regolari di abeti contrapposti, quasi a definire un viale, ci devono insospettire, con fiducia li seguiamo, fino ad imbatterci in Santa Maria in Silvis.
Risale al 1200, costruita da maestranze itineranti provenienti dal nord Italia che costruivano edifici in stile romanico, per secoli è stata dimenticata eppure quando la “flaminio-conca” per motivi politici di contesa tra Malatesti e Montefeltro era caldamente consigliata evitarla, si passava su questo asse stradale per Valle Avellana e Santa Maria in Silvis, di qui si saliva al Passo del Trabocco per poi scendere verso la valle del Conca e raggiungere Rimini.
Non è da escludere la presenza di altre vie di comunicazione che passavano per questa chiesetta, ma questo è un territorio franoso e nei secoli probabilmente qualche traccia è andata persa.
La chiesa, anche se non è stata mai parrocchia, fino agli anni ’50 è stata usata per officiare le funzioni religiose, anche se con alterni periodo di splendore e declino nei secoli precedenti; all’interno un pregevole affresco di scuola umbra, che purtroppo era stato danneggiato da vandali negli ultimi anni, ma ancora integro in alcune sue parti mette a nudo un particolare che dona rilevanza al luogo e a quel “silvis” del nome: un falchetto posato sulla mano sinistra del Bambin Gesù intento a punzecchiare il dito destro che il Salvatore gli porge volutamente.
Poco distante, su un pianoro è stata ricostruita la Chiesa di San Giorgio, ma si presume che un tempo fosse all’interno del Castello di Valle Avellana.
Di questo antico maniero si conservano ancora qualche pezzo di muro, ma da notare con una certa lietezza che il piccolo borgo si sta ripopolando, diverse le opere di ristrutturazione secondo canoni rispettose dell’originario stile architettonico, e la presenza di un forno pubblico dona una dimensione comunitaria e vitale al luogo.
Non ci resta che scendere come rapaci verso il nuovo agglomerato di Casinina, incrociamo nuovamente le vicende storiche di questo territorio, ma siamo in epoche ben più recenti e il Museo della Linea Gotica ci fornisce ben 3000 reperti di questo periodo storico.
Non ci resta che risalire verso Tavoleto, abbiamo due opzioni o per Cà Angiolino, o per una strada sterrata denominata via Cà Picillo.
La prima opzione ci permette di godere ancora dell’aspetto agreste del luogo e dei piccoli insediamenti inseriti nel territorio, che ancora cercano di sopravvivere e forse stanno assumendo nuova importanza ripopolati da chi cerca una vita più isolata e tranquilla.
Cà Picillo invece è più secondaria, incontriamo case isolate che sono solo ruderi pericolanti, dai quali è meglio girar lontano e lasciarsi semplicemente interrogare su come doveva essere la vita qui anni fa.
Riprendiamo poi la provinciale che ci riporterà nell’arroccata Tavoleto, un giro breve ma agreste come questo ridona una dimensione particolare alle piccole cose, erbe da foraggio e chiese di campagna non fanno clamore, ma attraversano nei secoli fasi alterne di splendore o oblio, narrando le vicende di persone comuni, prive di titoli nobiliari ma detentrici di competenze agrarie e artigianali sempre più attuali ai nostri giorni.
Bibliografia:
Daniele Sacco – La provincia dei cento borghi, vol.7 – Metauro Edizioni.
Sitografia:
https://www.agraria.org/coltivazionierbacee/erbamedica.htm
http://www.comune.tavoleto.pu.it/vivere-tavoleto/storia-e-territorio/