Rosso Ammonitico / Marne di monte Serrone

ROSSO AMMONITICO / MARNE DI MONTE SERRONE

Introduzione

Le formazioni del Rosso Ammonitico e delle Marne di Monte Serrone rappresentano unità litostratigrafiche (corpi rocciosi separabili da quelli adiacenti in base alle caratteristiche litologiche ed alla posizione stratigrafica) della nota Successione Umbro-Marchigiana, ben esposta nelle principali dorsali carbonatiche (allineamento di monti costituiti da rocce con carbonato di calcio) dell’Appennino centro-settentrionale. Queste unità sono state studiate principalmente nell’Appennino Umbro-Marchigiano, dove sono localizzate le più importanti sezioni stratigrafiche di riferimento (Centamore et alii, 1971; Cecca et alii, 1990).
Una caratteristica comune di queste due unità litostratigrafiche è l’elevato contenuto in minerali argillosi, che dà vita a una successione principalmente marnosa e, subordinatamente, calcarea. Inoltre, entrambe le unità rappresentano l’una la variazione laterale dell’altra, e nella stessa successione possono o coesistere, o sostituirsi reciprocamente. Caratteristiche del Rosso Ammonitico sono: la colorazione, l’aspetto nodulare e l’elevato contenuto in cefalopodi (principalmente ammoniti).
Le formazioni del Rosso Ammonitico e delle Marne di Monte Serrone testimoniano la sedimentazione di fanghi pelagici, avvenuta in un intervallo di tempo compreso nel Toarciano, e più in particolare tra i 182 e i 175 milioni di anni fa circa (Ogg et alii, 2016). Queste unità hanno spessori variabili da pochi centimetri a poco più di una cinquantina di metri nelle nostre aree, e poggiano stratigraficamente (sono, quindi, più giovani) sulla Corniola, mentre sono seguite dalla formazione dei Calcari e Marne a Posidonia. Il Rosso Ammonitico può poggiare sulle Marne di Monte Serrone. Talora queste due formazioni poggiano con un contatto stratigrafico di tipo onlap sul Calcare Massiccio mediante superfici articolate chiamate paleoscarpate, oppure si intercalano nelle formazioni del Gruppo del Bugarone.

Cenni storici

La denominazione Rosso Ammonitico fu utilizzata per la prima volta in letteratura da Leopoldo Pilla nel 1847 (Pilla, 1847), ma i depositi riferibili a questa unità sono stati nominati in diversi modi in letteratura (“marne rosse ammonitifere”, “formazione del Rosso Ammonitico” e “marne nodulose e scisti argillosi rossi ricchi di ammoniti”). Nei fogli geologici n. 290 Cagli, 291 Pergola, 301 Fabriano alla scala 1:50.000 quest’unità compare come membro inferiore della “formazione del Bosso” (Sevizio Geologico d’Italia, 1974, 1975, 1979; Jacobacci et alii, 1974; Centamore et alii, 1975, 1979), formazione di cui è stato deciso l’abbandono. Petti & Falorni (2007) hanno formalizzato il Rosso Ammonitico come unità tradizionale della Successione Umbro-Marchigiana in sostituzione dei differenti termini sopraelencati.
Le Marne di Monte Serrone, invece, sono state formalizzate da Pialli (1969), ma depositi riferibili a questa unità sono stati indicati in diversi modi in letteratura e nella cartografia geologica (“formazione calcareo-marnosa del Fiume Sentino”, “calcari e marne del Sentino”, Rosso Ammonitico pro parte (livello marnoso inferiore)” e “formazione del Cigno” pro parte)

Contesto geologico: un profondo fondale marino di oltre 190 milioni di anni fa

Circa 200 milioni di anni fa, nel Giurassico Inferiore (al limite Hettangiano-Sinemuriano – Passeri & Venturi, 2005; Ogg et alii, 2016) l’area dove oggi si eleva l’Appennino Umbro-Marchigiano subì un grande sconvolgimento, a seguito di una fase di tettonica estensionale, connesso con lo sviluppo di faglie dirette, che portò all’apertura dell’Oceano Tetide (Bernoulli, 1967; Santantonio & Carminati, 2011). Questa fase tettonica causò la formazione di un caratteristico assetto del fondale marino con zone più rilevate (chiamate anche alti strutturali, horsts o piattaforme carbonatiche pelagiche) e bacini (chiamati anche bassi strutturali o grabens) che circondavano gli horsts a formare bracci di mare più profondi. Gli alti strutturali erano caratterizzati dai sedimenti litificati del Calcare Massiccio ed erano bordati da grosse scarpate sottomarine (le paleoscarpate) formate dalle faglie dirette che smembrarono la piattaforma carbonatica, raccordando gli horsts con i bassi strutturali mediante pendii sottomarini molto scoscesi. Inoltre, l’azione delle faglie dirette portò al passaggio da contesti deposizionali di piattaforma carbonatica tipo le odierne Bahamas, come testimoniato dalle sabbie calcaree grossolane con gusci di grossi molluschi, spugne calcaree, e altri organismi tipici di acque calde e poco profonde oggi riconoscibili nelle rocce del Calcare Massiccio, a contesti di mare aperto e relativamente più profondo (vedi, per esempio, Santantonio, 1993, 1994). Questi bacini “profondi” erano caratterizzati da una sedimentazione molto diversa, di tipo pelagico, dove la lenta decantazione di micro-particelle carbonatiche dalla colonna d’acqua formava una lenta nevicata di sedimenti che si accumularono sul fondale marino sotto forma di fanghi carbonatici. Questi fanghi, a seguito di lunghi processi geologici, si trasformarono da sedimento a roccia (litificazione) formando rocce molto diverse rispetto alle sabbie calcaree grossolane tipiche della piattaforma carbonatica del Calcare Massiccio. Per quasi tutto il Giurassico la “nevicata” pelagica cercò di pianeggiare il fondale marino andando a colmare le differenze di profondità esistenti tra gli alti strutturali (meno profondi) e i bassi strutturali (più profondi). Questo è registrato e si può apprezzare nelle rocce giurassiche che ora affiorano in Appennino Umbro-Marchigiano, in quanto le successioni sedimentarie accumulate sui grabens, chiamate “successioni bacinali”, sono spesse centinaia di metri (in media 500 metri), mentre quelle accumulate sugli horsts, chiamate “successioni condensate”, raggiungono al massimo i 50 metri (quindi un ordine di grandezza in meno). I fanghi micritici decantati dalle acque oceaniche si accumularono anche sulle paleoscarpate, e questo è oggi testimoniato dal contatto stratigrafico generalmente discordante (disposizione geometrica degli strati differente rispetto alla stratificazione dei depositi sotto- o soprastanti) delle unità bacinali pelagiche sui depositi di acque basse del Calcare Massiccio.
L’ambiente deposizionale in cui si accumularono i fanghi che caratterizzano le formazioni del Rosso Ammonitico e delle Marne di Monte Serrone è riferibile ad un bacino pelagico posto a profondità tale da non essere interessato dalla base d’onda di tempesta.

Caratteri litologici

La formazione delle Marne di Monte Serrone è costituita in prevalenza da rocce marnose (marne, marne calcaree e marne argillose grigio-verdastre) a cui si intercalano degli strati più competenti, calcarei, formati da sabbie carbonatiche fini (calcareniti) grigiastre, calcari e calcari marnosi grigio-verdastri e patine ferruginose. Le calcareniti presentano spesso delle strutture sedimentarie tipo laminazioni piano-parallele, incrociate o convolute, a testimoniare la loro messa in posto a seguito di un fenomeno gravitativo tipo corrente di torbida. Inoltre, alla base degli strati si possono notare le cosiddette “impronte di fondo” (flute casts, groove casts o ripple marks) legati al carattere erosivo del flusso torbiditico che ha inciso i sedimenti sottostanti. I livelli calcarenitici formano strati spessi da pochi centimetri fino a 2 metri. Le marne, in genere sottilmente stratificate, presentano una frattura ora a “saponetta”, ora prismatica o aciculare. In tutto il bacino umbro-marchigiano è presente un livello a marne o argille, da scure fino a nere, sottilmente laminate, ricche in pirite e contenenti una notevole quantità di materia organica (argille bituminose). Queste argille nere sono note in letteratura come “black shales” e sono riconducibili a un Evento Anossico Oceanico. Un evento anossico oceanico rappresenta un ‘momento’ geologico della storia di un mare in cui le acque sono estremamente impoverite o del tutto prive di ossigeno. Questo particolare equilibrio chimico delle acque oceaniche influenza notevolmente il tipo e la quantità di sedimentazione producendo orizzonti geologici peculiari e dalla distribuzione globale. Le black shales riconoscibili nelle Marne di Monte Serrone sono riconducibili all’evento anossico oceanico del Toarciano inferiore.
La formazione del Rosso Ammonitico è costituita da calcari, calcari marnosi e marne nodulari di colore da rosso scuro a rosato, talora con sedimentazione ciclica. Studi condotti su questa porzione dell’unità e riguardanti l’analisi della ciclicità litologica interna tra marne e calcari, hanno permesso di riferire suddetta ritmicità alle variazioni climatiche terrestri innescate da cicli astronomici, i cosiddetti “cicli di Milankovitch”, con una periodicità tra i 118.000 e i 404.000 anni (De Boer, 1982; Morettini et alii, 2000; Monaco & Morettini, 2001). Tali cicli si sviluppano su lunghi intervalli di tempo e sono regolati da variazioni nella forma dell’orbita terrestre e nell’inclinazione del suo asse. Questi influiscono direttamente sulla durata delle stagioni e sull’insolazione terrestre, determinando ciclicamente raffreddamenti e riscaldamenti del Pianeta che a loro volta si traducono in differenze nei sedimenti disponibili e quindi nelle rocce che si formano. Queste ultime mantengono dunque la memoria dei cambiamenti climatici avvenuti.
Caratteristica importante di questa formazione geologica è la presenza di noduli carbonatici inglobati nei depositi più marnosi. Questi noduli hanno dimensioni centimetriche, contorno irregolare e sono allungati secondo le superfici di strato. Gli strati sono in media poco spessi, da centimetrici a decimetrici. Gli strati calcareo marnosi risultano spesso intensamente bioturbati, con tracce fossili degli icnogeneri Thalassinoides, Chondrites e Zoophycos.
Quando l’unità poggia sulla Corniola, questo passaggio avviene mediante una superficie netta e frequenti tracce di ossidazione, oltre che mediante una piccola discordanza angolare. Quando il Rosso Ammonitico poggia, invece, direttamente sulle Marne di Monte Serrone, si può apprezzare la sostituzione delle marne ed argille di colore grigio-verdastro (Marne di Monte Serrone) con marne e calcari marnosi nodulari di colore rosso (Rosso Ammonitico).

Fossili
I resti fossili macroscopici più comuni del Rosso Ammonitico sono le ammoniti, tanto da caratterizzare il nome dell’unità data la relativa abbondanza e facilità di riconoscimento sul terreno. Il resto del contenuto fossilifero è costituito da piccoli bivalvi a guscio sottile (Bositra buchii e Lentilla humilis – Conti & Monari, 1992), gasteropodi, crinoidi, brachiopodi, foraminiferi bentonici e radiolari.

Affioramenti chiave

La sezione-tipo delle Marne di Monte Serrone è nell’omonimo monte vicino Foligno, ma ottimi affioramenti si hanno anche nelle nostre aree, come: i) nella Valle del Fiume Bosso, lungo il cosiddetto “Sentiero delle Ammoniti” che da Secchiano permette di attraversare le rocce di età giurassica in sponda destra del fiume stesso; ii) nella valle del Fiume Cesano a Castellaccio, dove questi depositi seguono una successione condensata di età pliensbachiana e presentano strati convoluti e contorti, per poi passare ai Calcari e Marne a Posidonia;iii) al Fosso del Presale, dove rocce riferibili alle Marne di Monte Serrone sono intercalate nella successione condensata del Gruppo del Bugarone caratterizzante l’area di Monte Nerone. Un affioramento caratteristico di questa unità si ha, però, nella vicina valle del Fiume Sentino, dove è possibile apprezzare tutte le caratteristiche litologiche descritte per la formazione.
Il Rosso Ammonitico ha, come area-tipo, la dorsale umbro-marchigiana. In particolare, gli affioramenti più esemplificativi si hanno: i) al nucleo dell’anticlinale Monte Nerone-Monte Catria, lungo le profonde incisioni dei fiumi Burano, Bosso e Candigliano, e sulle pendici dei monti Acuto e Catria; ii) nella Gola del Furlo, e in particolare nella Cava del Furlo, dove il Rosso Ammonitico è intercalato in una successione condensata del Gruppo del Bugarone, e nella Cava Sant’Anna (porzione nord-orientale della gola); iii) nella valle del Fiume Cesano a Castellaccio e Bellisio Solfare.

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