Lago del Furlo

LAGO DEL FURLO
Il lago del Furlo è inserito nella spettacolare cornice della Riserva Naturale Statale Gola del Furlo, regione Marche, provincia di Pesaro Urbino, comune di Fermignano. Il lago, di origine artificiale, si inserisce in uno scenario molto suggestivo; a seguito della potenza erosiva del fiume Candigliano, si è infatti formato un canyon, ovvero una gola che ha diviso un rilievo in due: il Pietralata (889 m. slm) e il Paganuccio (976 m. slm), mentre la montagna si stava innalzando, spinta da movimenti tettonici. Il canyon nel corso di milioni di anni, ha raggiunto una profondità considerevole. La forra che rimane sotto il livello della strada, oggi non è più visibile a seguito della costruzione della diga avvenuta nel 1922 a scopo idroelettrico. Al suo posto troviamo un magnifico lago dal colore verde intenso, incastonato come uno smeraldo tra le pareti scoscese dei monti che lo circondano. Si stratta di un verde talmente particolare, che per descriverlo è stato appositamente coniato il termine “verde Furlo”. La Gola del Furlo è situata lungo il tracciato originario della via Flaminia, strada consolare romana che, fin dall’antichità, collegava Roma e Rimini; una strada importantissima costruita dagli etruschi e terminata dai romani, dai quali viene lastricata, nel 187 a.C., agli ordini del console Gaio Flaminio. La strada garantiva in tutte le stagioni, il passaggio attraverso l’impervio appennino. La diga ha causato un aumento del livello del Fiume trasformandolo in un lago, mediamente poco profondo, per una lunghezza di circa 3km. Inizialmente il bacino risultava avere un volume di 2 milioni di metri cubi. Oggi, con il conseguente alluvionamento di materiale, si è notevolmente ridotto. Nel 1981 è stato svuotato completamente per la manutenzione della diga, liberando lo scarico di fondo. La zona ricade in una riserva statale integrale, motivo per cui il lago stesso, non è balneabile. Lo si può però osservare da vicino, passeggiando lungo la Flaminia, tuttora percorribile in macchina anche se un’altra strada e una galleria più moderne sollevano questa dal traffico pesante. Oltrepassata la galleria che l’imperatore Flavio Vespasiano fece scavare nel 76 d.C., il lago termina con lo sbarramento della diga, un muro ad arco -gravità alto 47 metri, avente un raggio di 21 e uno spessore alla base di 16 metri, costruito oltre cento anni fa, che costituisce a sua volta un monumento storico, visitabile su prenotazione.

SPORT E TURISMO
Il lago non è accessibile, tuttavia sono tantissime le attività che il territorio circostante offre, a cominciare dalle attività lungo il fiume che lo origina, il Candigliano; questo è balneabile in vari punti di facile accesso ed è ricco di angoli estremamente tranquilli e freschi. Tutta l’area circostante è frequentata da turisti italiani e stranieri che, attratti dalle meraviglie del luogo, si soffermano volentieri per una piacevole vacanza, all’insegna di sport, relax, natura, storia e gustosi prodotti tipici, da consumare nei tanti bar e ristoranti della zona. Clima mite e sentieri più o meno difficoltosi, ne fanno una soluzione ottimale sia per gli sportivi che per le famiglie, offrendo la possibilità di una full immersion in natura per molti mesi all’anno. La zona golenale si presta a rilassanti pick-nick tra amici o in famiglia con area giochi per i più piccoli e un prato pianeggiante dove svolgere varie attività in libertà. Tante sono inoltre le iniziative legate alle tradizioni, al fitness e non mancano gli eventi di tendenza.
Tra i vari sport che si possono praticare nei vari periodi dell’anno ci sono: trekking, acqua-trekking, kayak, rafting, arrampicata su roccia, percorso avventura sugli alberi e MTB. Chi ama le escursioni, può sfruttare ben 52 km di sentieri attraverso faggete, boschi e praterie sommitali; i sentieri sono accessibili a tutti in piena libertà, ma ovviamente una buona guida trasforma una semplice passeggiata in un viaggio vero e proprio, alla scoperta di nuove dimensioni, facendo apprezzare aspetti e dettagli che da soli non saremmo in grado di percepire e comprendere; il panorama mozzafiato che si gode dalle cime dei monti circostanti, ripaga il camminatore della fatica profusa.
Il museo del territorio della Gola del Furlo, gratuito, permette di ripercorrere la storia geologica e paleontologica della formazione della gola, osservare gli animali che oggi la popolano, comprendere questo paesaggio culturale, conoscere il ruolo delle cave e il mestiere dello scalpellino. Le foto e il diorama permettono di rivivere la storia della gente del luogo, di conoscere le risorse che un ambiente di questo genere offriva ai suoi abitanti fino a qualche decennio fa e come il paesaggio è cambiato da allora.

STORIA
La Gola del Furlo vanta numerose leggende e vicende storiche, di cui oggi possiamo notare le tracce o leggere le testimonianze degli scrittori dell’epoca: la grotta del grano, precedente all’età del ferro, la galleria romana di Vespasiano del 76 d.c., la galleria piccola del Furlo, risalente al periodo etrusco, l’abbazia di San Vincenzo attribuita al XI sec. ma che, secondo interessanti teorie, potrebbe anche risalire ai tempi della battaglia di Pagino, decisiva tra Goti e Romani, vinta da questi ultimi, ed essere eretta, dove sorgeva un tempio pagano, come ringraziamento alla Madonna (VI secolo d.C.). Il Furlo ha insomma una storia avvincente che abbraccia oltre duemila anni. Queste rocce hanno assistito nei secoli e nei millenni alle vicende e al passaggio di vari personaggi che, nel bene o nel male, hanno fatto la storia di Italia: dalle conquiste romane, le battaglie con i Goti, alle successive distruzioni dei longobardi; dai capricci dei Montefeltro a quelli di papi e vescovi nel periodo tardo medievale e rinascimentale, fino ai protagonisti della seconda guerra mondiale tra cui Benito Mussolini, di cui ancora si vedono i resti del profilo, costruito durante il ventennio sul monte Pietralata e in seguito fatto saltare in aria. Durante la seconda guerra mondiale, di qui sono passate alcune delle opere d’arte più famose e importanti del nostro patrimonio artistico, grazie al coraggio e alla dedizione del sovrintendente Pasquale Rotondi, al quale si deve la salvezza di quasi diecimila opere d’arte italiane, alcune di importanza mondiale, trasportate in tutta fretta attraverso questo angusto passaggio nel tentativo ben riuscito, di portarle in salvo in Vaticano. Rotondi mise a rischio la sua vita per evitare che venissero distrutte o che i tedeschi, ormai nemici, se ne impossessassero. Il Furlo ha visto passare santi come San Romualdo, San Pier Damiani e briganti tra i quali la famigerata banda Grossi. Per millenni attraversare il Furlo non era una semplice passeggiata all’aria aperta, come per noi oggi, tutt’altro! Era un rischio elevatissimo: caduta massi, brigantaggio e improvvise esondazioni sono stati, per secoli, i principali nemici delle genti che in questo punto dovevano loro malgrado passare per trasportare merci, messaggi, raggiungere luoghi, spostare truppe. Scavare a colpi di scalpello una montagna, non è un’opera semplice, non certo duemila anni fa; questo da l’esatta dimensione di quanto questo passaggio fosse fondamentale; e non è neanche un caso che tanti popoli si siano battuti furiosamente in queste zone per mantenere il controllo su un luogo così strategico. Oggi siamo abituati a ragionare su una Italia divisa in Nord e Sud, ma anticamente, la vera scommessa per tutti quelli che si spostavano attraverso la penisola era andare da Est a Ovest, attraversando l’Appennino il quale, con le sue catene di rilievi montuosi costituiva, in tante zone, un limite invalicabile.

ASPETTI GEOLOGICI e PALEONTOLOGICI
L’intera zona è meta ambita di geologi provenienti da tutto il mondo; qui infatti è possibile osservare l’intera serie umbro-marchigiana. La successione delle unità litostratigrafiche a partire dai termini più antichi comprende Calcare Massiccio, Corniola, Rosso Ammonitico, Formazione del Bugarone, Calcari Diasprigni e Calcari e Marne a Posidonia, Calcari a Saccoma ed Aptici, Maiolica, Marne a Fucoidi, Scaglia Bianca, Scaglia Rossa, Scaglia Variegata, Scaglia Cinerea, Bisciaro, Schlier. La successione si è formata tra 240 e 15 milioni di anni fa. Le pareti che sovrastano il lago e caratterizzano la gola sono costituite da calcare massiccio, formatosi oltre 200 milioni di anni fa in ambiente di basso fondale marino. I gusci degli organismi, costituiti principalmente di minerale di calcite, mescolato a impurità argillose o quarzitiche, una volta morti, si depositarono sul fondale. In seguito, man mano che le terre emergevano dal mare e si fratturavano lungo le faglie, sopra gli strati più antichi, si depositarono materiali di diversa composizione e struttura. Le formazioni rocciose del Giurassico che affiorano ampiamente nella Gola del Furlo sono ricche di Ammoniti, fossili di molluschi cefalopodi a conchiglia ritorta e variamente ornata che ebbero un’eccezionale diffusione nei mari del Mesozoico, da 225 a 65 milioni di anni fa, ora estinti. Il Furlo ne è particolarmente ricco. Alcuni di questi, rinvenuti per la prima volta proprio qui, devono il loro nome al sito di ritrovamento. Tra queste: Furloceras, Furlites e la specie Taffertia furlensis. Una volta depositatisi, gli strati furono sottoposti a pressioni e movimenti della crosta terrestre che ne hanno causato l’innalzamento e la fratturazione, mentre si formava la dorsale appenninica. Mentre le montagne si innalzavano il fiume, rimasto imprigionato all’interno della formazione, ha tagliato in due l’anticlinale e, in migliaia di anni, ha creato il canyon che oggi vediamo. Al centro dell’anticlinale troviamo le rocce più antiche mentre gli strati più esterni, sono formate da rocce più recenti per cui mentre procediamo verso l’interno della gola è come se viaggiassimo indietro nel tempo di diversi milioni di anni.

ASPETTI NATURALISTICI
Il lago del Furlo, originatosi in seguito alla messa in funzione della diga (1922), ha trasformato l’ambiente circostante creando un nuovo ecosistema, quello lacustre, che nel tempo si è arricchito di specie nidificanti, prima assenti: Airone cenerino (Ardea cinerea), Garzetta (Egretta garzetta), Nitticora (Nycticorax nycticorax), Germano reale (Anas platyrhynchos), Gallinella d’acqua (Gallinula chloropus) e negli ultimi anni Cormorano (Phalacrocorax carbo). Nelle acque del lago hanno trovato il loro habitat pesci quali: Barbo (Barbus plebejus), Cavedano (Leuciscus cephalus) e Carpe. I pascoli sovrastanti la cima del monte Paganuccio, molto più antichi, sono anch’essi di origine antropica. Tuttora, è la presenza continua di animali al pascolo che mantiene questo ambiente, altrimenti i prati verrebbero colonizzati da piante pioniere e, nel giro qualche decina-centinaio di anni, tornerebbe ad esserci un fitto bosco naturale. L’ambiente del Furlo, è stato per secoli trasformato dall’uomo e le varie modificazioni hanno decretato la sopravvivenza o meno di alcune specie e l’arrivo di altre, modificando così la biodiversità originale. La stessa Aquila reale, la cui presenza è attestata da secoli, ha trovato il suo ambiente ideale anche grazie a queste modifiche; le pareti rocciose, di origine naturale, offrono un ambiente ideale dove costruire il nido e i pascoli, posti al sopra del nido, le garantiscono l’ambiente di caccia ideale. L’aquila infatti, salendo dal nido ai pascoli, caccia sui prati sommitali e, appesantita dal peso delle prede, scende a portare cibo ai pulli, con un notevole risparmio di energie rispetto a quelle che dovrebbe spendere se la zona di caccia fosse posta al di sotto del nido. Le stesse cave, che per anni hanno offeso e ferito il monte Pietralata, hanno tuttavia il lato positivo di aver permesso l’osservazione di strati geologici e il ritrovamento di fossili.
La Riserva Naturale Statale Gola del Furlo è stata istituita con Decreto del Ministero dell’ambiente nel 2001. Da allora, alcune zone della riserva, tra cui le pareti del lato sinistro, sono interdette a qualsiasi attività che non sia strettamente legata allo studio del territorio e alla manutenzione della diga. Il rispetto di queste restrizioni permette di mantenere le peculiarità fondamentali per la conservazione di specie, faunistiche e floristiche rare, che qui svolgono indisturbate il loro ciclo vitale. Compito della riserva è quello di preservare e tutelare una ricchezza di biodiversità che altrimenti, con l’eccessivo sfruttamento da parte dell’uomo, sarebbe compromessa. Qui vivono infatti specie floristiche endemiche, quali la Moeringia papulosa, rare come la vite selvatica (Vitis vinifera subsp. sylvestris) ed alcune faunistiche, inserite negli elenchi delle specie a rischio di estinzione: Aquila reale (Aquila crysaetos), Falco pellegrino (Falco peregrinus), Rondine montana (Ptyonoprogne rupestris Scopoli, 1769). Il simbolo della riserva è proprio l’Aquila reale di cui nel territorio è presente una coppia.

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