La Grotta del Grano
Il fiume Candigliano, con la sua potente azione erosiva, non solo ha separato le due cime del Monte Pietralata e del Monte Paganuccio, ma ha anche modellato le imponenti pareti verticali della montagna, creando caratteristiche cavità notevoli, note come nicchie d’erosione, tra cui spicca la Grotta del Grano.
Questa grotta rappresenta un ampio rifugio naturale, legato all’antica pratica di transumanza dei pastori verso i passi appenninici. Testimonia la frequenza dell’area fin dall’età preistorica, grazie alla presenza di grotte difendibili, risorse idriche e la sua posizione strategica come punto di transito.
Grazie agli scavi archeologici condotti dal Prof. Graziosi dell’Istituto di Paleontologia Umana dell’Università degli Studi di Firenze nel 1938, è emerso un deposito antropozoico all’interno della Grotta. I reperti, conservati presso il Museo Fiorentino di Preistoria, principalmente comprendevano manufatti ceramici come frammenti di ciotole, tazze e olle, mentre gli oggetti litici e ossei erano meno comuni. Gli elementi metallici erano totalmente assenti. La stratificazione archeologica si articola in cinque livelli, con i primi tre, appartenenti all’età del Bronzo medio (1500-1300 a.C.), associati alla Cultura Appenninica dell’Italia centrale. I due livelli superiori appartengono all’età del Bronzo recente (1300-1100 a.C.) e sono attribuiti alla Cultura Subappenninica.
Il nome della grotta deriva dal ritrovamento, nell’Ottocento durante lavori di riassetto stradale, di una ricca provvista di grano e altri cereali carbonizzati. Questo evento è riconducibile al periodo successivo alla guerra Greco-Gotica (VI sec. d.C.), quando i Longobardi causarono un incendio distruttivo. In questa zona, Vitige, re dei Goti, fece costruire il cosiddetto castello gotico sulla Flaminia, che includeva la Grotta del Grano. Questo castello, oggetto di contese tra Bizantini e Goti, fu definitivamente distrutto nel 571 d.C. dai Longobardi durante la loro marcia verso Roma.
La scoperta di granaglie carbonizzate è stata riscontrata anche in altri siti lungo la gola, datati allo stesso periodo.
Dal punto di vista botanico, è degna di nota la presenza di Moehringia papulosa, una specie floristica protetta e particolarmente rara.