Gruppo del Bugarone

GRUPPO DEL BUGARONE

Introduzione

Il Gruppo del Bugarone rappresenta quell’insieme di rocce che indiscutibilmente ha contribuito a rendere famoso l’Appennino Umbro-Marchigiano dal punto di vista geologico e paleontologico, e a far sì che molti dei monti delle nostre aree (come, ad esempio, il Monte Nerone) possano essere considerati dei veri e propri monumenti geo-paleontologici. Grazie, infatti, alla sensazionale ricchezza macrofossilifera dei suoi depositi, specialmente cefalopodi, queste rocce hanno attratto l’attenzione di paleontologi, paleontofili, geologi e naturalisti almeno sin dalla seconda metà del XIX secolo.
Il Gruppo del Bugarone rappresenta un’unità litostratigrafica (corpo roccioso separabile da quelli adiacenti in base alle caratteristiche litologiche ed alla posizione stratigrafica) appartenente alle unità pelagiche della Successione Umbro-Marchigiana, ed è stato studiate principalmente nell’Appennino Umbro-Marchigiano, dove sono localizzate le più importanti sezioni stratigrafiche di riferimento (Centamore et alii, 1971; Cecca et alii, 1990).
Il Gruppo del Bugarone testimonia una sedimentazione di tipo pelagico, cioè di mare aperto e relativamente profondo, e i sedimenti di questa unità si accumularono su enormi blocchi rilevati rispetto al fondale marino a formare alti morfologici di natura strutturale (legata all’attività di faglie, vedi sotto). Questi depositi rappresentano, inoltre, gli equivalenti laterali delle rocce caratterizzanti le formazioni bacinali della Corniola, Rosso Ammonitico/Marne di Monte Serrone, Calcari e Marne a Posidonia e Calcari Diasprigni. In sostanza, questa unità litostratigrafica caratterizza tutte quelle rocce comprese tra il Calcare Massiccio e la Maiolica, e accumulate sulle piattaforme carbonatiche pelagiche (Santantonio, 1993, 1994).
I sedimenti del Gruppo del Bugarone si accumularono nell’intervallo di tempo compreso tra i 190 e i 145 milioni di anni fa circa (Pliensbachiano inferiore – Titonico; Ogg et alii, 2016), comprendendo quasi tutto il Giurassico, e le risultanti rocce hanno spessori variabili tra i pochi centimetri e le poche decine di metri (al massimo, 60 metri). L’analisi dei fossili e, in particolare, della fauna ad ammoniti, che permette di vincolare i depositi nei quali sono inglobati dal punto di vista temporale, ha permesso di riconoscere la presenza di numerose lacune stratigrafiche (intervalli di tempo non registrati e completamente mancanti nella successione sedimentaria). La più importante di queste ha un’ampiezza di circa 15 milioni di anni, e comprende il Bajociano superiore, il Bathoniano, il Calloviano, l’Oxfordiano e parte del Kimmeridgiano (da 169 a 154 milioni di anni fa – Cecca et alii, 1990; Ogg et alii, 2016).
Localmente, i depositi del Gruppo del Bugarone possono poggiare con una discordanza angolare (disposizione geometrica degli strati differente rispetto alla stratificazione dei depositi sotto- o soprastanti) sul Calcare Massiccio lungo superfici articolate chiamate paleoscarpate, ed essere ricoperti sempre in discordanza angolare dai depositi delle formazioni pelagiche bacinali giurassiche. Talvolta, rocce riferibili alle formazioni bacinali del Rosso Ammonitico e dei Calcari Diasprigni possono essere ritrovate intercalate nel Gruppo del Bugarone.

Cenni storici
Questa unità litostratigrafica venne introdotta per la prima volta con il nome di “formazione del Bugarone” nei fogli geologici n. 290 Cagli, 291 Pergola, 301 Fabriano alla scala 1:50.000 (Sevizio Geologico d’Italia, 1974, 1975, 1979; Jacobacci et alii, 1974; Centamore et alii, 1975, 1979), ed era divisa in quattro membri (dal basso verso l’alto stratigraficamente): “calcari stratificati grigi”, “calcari nodulari e marne verdi”, “calcari nodulari nocciola” e “calcari nodulari ad Aptici” (Centamore et alii, 1971). L’intera unità corrispondeva ai Calcari nodulari del Bugarone di Chiocchini et alii (1976), ed è stata indicata in letteratura anche con i sinonimi “micriti a Cefalopodi” o “grigio ammonitico”. La “formazione del Bugarone” doveva il suo nome al Fosso del Bugarone, incisione sulle pendici sud-occidentali del Monte Nerone dove le rocce di questa unità affiorano con le caratteristiche tipiche.
Cecca et alii (1990) ridussero l’estensione di questa formazione ai soli due membri sommitali, riferendo gli altri due (rispettivamente i “calcari stratificati grigi” e i “calcari nodulari e marne verdi”) alla Corniola e al Rosso Ammonitico. Inoltre, rinominarono i due membri sommitali conservando in parte il loro nome tradizionale: “formazione del Bugarone inferiore” (corrispondente all’ex-membro dei “calcari nodulari nocciola”) e “formazione del Bugarone superiore” (corrispondente all’ex-membro dei “calcari nodulari ad Aptici”).
Data, però, l’enorme confusione dal punto di vista della nomenclatura, nel 2002 il Servizio Geologico d’Italia con il Comitato d’Area Appennino settentrionale ha deciso di elevare, nell’ambito delle attività di coordinamento a supporto del Progetto di Cartografia Geologica (CARG) ufficiale nazionale, la “formazione del Bugarone” al rango superiore di gruppo, e di introdurre 4 formazioni:
1) i calcari nodulari dell’Infernaccio, corrispondenti ai “calcari stratificati grigi”di Centamore et alii (1971) ed equivalenti della Corniola;
2) i calcari nodulari e marne verdi dei Ranchi, equivalenti del Rosso Ammonitico;
3) i calcari nodulari a filaments di Fosso del Presale, corrispondenti ai “calcari nodulari nocciola” di Centamore et alii (1971) e alla “formazione del Bugarone inferiore” di Cecca et alii (1990), ed equivalenti dei Calcari e Marne a Posidonia;
4) i calcari nodulari ad ammoniti ed aptici di Cava Bugarone, corrispondenti ai “calcari nodulari ad Aptici” di Centamore et alii (1971) e alla “formazione del Bugarone superiore” di Cecca et alii (1990), ed equivalenti del membro dei calcari a Saccocoma ed Aptici della formazione dei Calcari Diasprigni.

Contesto geologico: un profondo fondale marino di oltre 190 milioni di anni fa

Circa 200 milioni di anni fa, nel Giurassico Inferiore (al limite Hettangiano-Sinemuriano – Passeri & Venturi, 2005; Ogg et alii, 2016) l’area dove oggi si eleva l’Appennino Umbro-Marchigiano subì un grande sconvolgimento, a seguito di una fase di tettonica estensionale, connesso con lo sviluppo di faglie dirette, che portò all’apertura dell’Oceano Tetide (Bernoulli, 1967; Santantonio & Carminati, 2011). Questa fase tettonica causò la formazione di un caratteristico assetto del fondale marino con zone più rilevate (chiamate anche alti strutturali, horsts o piattaforme carbonatiche pelagiche) e bacini (chiamati anche bassi strutturali o grabens) che circondavano gli horsts a formare bracci di mare più profondi. Gli alti strutturali erano caratterizzati dai sedimenti litificati del Calcare Massiccio ed erano bordati da grosse scarpate sottomarine (le paleoscarpate) formate dalle faglie dirette che smembrarono la piattaforma carbonatica, raccordando gli horsts con i bassi strutturali mediante pendii sottomarini molto scoscesi. Inoltre, l’azione delle faglie dirette portò al passaggio da contesti deposizionali di piattaforma carbonatica tipo le odierne Bahamas, come testimoniato dalle sabbie calcaree grossolane con gusci di grossi molluschi, spugne calcaree, e altri organismi tipici di acque calde e poco profonde oggi riconoscibili nelle rocce del Calcare Massiccio, a contesti di mare aperto e relativamente più profondo (vedi, per esempio, Santantonio, 1993, 1994). Questi bacini “profondi” erano caratterizzati da una sedimentazione molto diversa, di tipo pelagico, dove la lenta decantazione di micro-particelle carbonatiche dalla colonna d’acqua formava una lenta nevicata di sedimenti che si accumularono sul fondale marino sotto forma di fanghi carbonatici. Questi fanghi, a seguito di lunghi processi geologici, si trasformarono da sedimento a roccia (litificazione) formando rocce molto diverse rispetto alle sabbie calcaree grossolane tipiche della piattaforma carbonatica del Calcare Massiccio. Per quasi tutto il Giurassico la “nevicata” pelagica cercò di pianeggiare il fondale marino andando a colmare le differenze di profondità esistenti tra gli alti strutturali (meno profondi) e i bassi strutturali (più profondi). Questo è registrato e si può apprezzare nelle rocce giurassiche che ora affiorano in Appennino Umbro-Marchigiano, in quanto le successioni sedimentarie accumulate sui grabens, chiamate “successioni bacinali”, sono spesse centinaia di metri (in media 500 metri), mentre quelle accumulate sugli horsts, chiamate “successioni condensate”, raggiungono al massimo i 50 metri (quindi un ordine di grandezza in meno). Proprio queste ultime caratterizzano il Gruppo del Bugarone, e l’esiguo spessore dell’unità unito con la presenza di numerose lacune stratigrafiche, e la presenza di numerosi coralli tipici di barriere coralline (quindi, di acque basse), hanno portato ad interpretare l’ambiente deposizionale di questi fanghi pelagici come relativamente poco profondo (da poche decine ad al massimo poche centinaia di metri), soggetto all’azione di correnti sottomarine che asportavano frequentemente i sedimenti sciolti.
I fanghi micritici decantati dalle acque oceaniche si accumularono anche sulle paleoscarpate, e questo è oggi testimoniato dal contatto stratigrafico generalmente discordante (disposizione geometrica degli strati differente rispetto alla stratificazione dei depositi sotto- o soprastanti) delle unità bacinali pelagiche sui depositi di acque basse del Calcare Massiccio.

Caratteri litologici

Il Gruppo del Bugarone è costituito da calcari e calcari marnosi, nodulari, bioturbati e localmente intensamente dolomitizzati, e da lumachelle ad ammoniti e belemniti (da qui il nome di “Micriti a Cefalopodi”). Gli strati hanno uno spessore variabile tra i pochi centimetri e i pochi decimetri (mediamente 40 centimetri), con livelli argilloso-marnosi sottili molto frequenti, mentre il colore può variare dal colore grigio-verdastro al giallognolo all’arancione al nocciola-biancastro, fino al rosato. Nella successione è abbondante la pirite, spesso alterata a formare un idrossido di ferro che si presenta come cristalli cubici scuri, o come patine e croste arancioni-brune (limonitizzazione). In alcune località è possibile osservare la presenza di marne rosse nodulari riferibili al Rosso Ammonitico in sostituzione dei calcari nodulari e marne verdi dei Ranchi, così come una sottile intercalazione di “Calcari Diasprigni” tra i calcari nodulari a filaments di Fosso del Presale (ex “calcari nodulari nocciola” o “formazione del Bugarone inferiore”) ed i calcari nodulari ad ammoniti ed aptici di Cava Bugarone (ex “calcari nodulari ad Aptici” o “formazione del Bugarone superiore”). La presenza di questi depositi coincide con la comparsa di calcari ricchi in selce e livelli argillosi dal caratteristico colore verdastro-bluastro.
Il passaggio stratigrafico tra il sottostante Calcare Massiccio (con il suo membro del Calcare Massiccio B) e i depositi del Gruppo del Bugarone è graduale ed è macroscopicamente marcato dalla sensibile riduzione di spessore degli strati, e dalla comparsa di abbondanti macrofossili. Dal punto di vista microscopico, invece, coincide con la definitiva scomparsa di tutte quelle particelle carbonatiche che costituivano le sabbie calcaree, talvolta grossolane, del Calcare Massiccio e la presenza solo di micriti. Il passaggio, invece, alla sovrastante Maiolica coincide con la comparsa di calcari bianco latte in strati dallo spessore variabile da pochi centimetri a qualche decimetro, accompagnati da noduli di selce grigia.
Dati i caratteri litologici e la facilità sia nell’estrazione che nel taglio, i depositi del Gruppo del Bugarone sono stati sfruttati per ricavare rocce da costruzione, ornamentali e da lavoro (vedi, ad esempio, le ruote della macina esposte nella piazza del paese di Piobbico). Infatti, importanti aree di cava che interessano il Gruppo del Bugarone e che ne permettono di apprezzare le caratteristiche litologiche si hanno a Fosso Bugarone, località-tipo di questa unità litostratigrafica, e al Furlo (sia Cava del Furlo che Cava Sant’Anna).

Fossili

Questa unità è caratterizzata dalla cospicua abbondanza di macrofossili, e principalmente resti di cefalopodi (ammoniti, belemniti, aptici e rincoliti), brachiopodi, gasteropodi, bivalvi ed echinodermi (ricci di mare) (Zittel, 1869, 1870; Cecca et alii, 1990; Manni & Nicosia, 1994; Mariotti, 1994; Passeri & Venturi, 2005). Inoltre, come già anticipato, Un ruolo importante per la definizione dell’ambiente deposizionale è stato giocato dal ritrovamento di colonie coralline tipiche di ambienti di reef (Kobya monteneronensis -Gill et alii, 2004; Ogilvinella elegans – Cipriani et alii, 2019), ai quali si associano anche coralli isolati (cariophyllidi – Nicosia & Pallini, 1977). Recentemente sono stati descritti diversi fossili di vertebrati marini provenienti dai depositi del Gruppo del Bugarone. Si tratta essenzialmente di resti di ittiosauro (Mariotti, 2003), denti di pesci actinopterigi (riferibili al genere Scheentia spp. – Romano et alii, 2019) e neoselachi, lontani parenti degli squali attuali (Sphenodus spp. – Citton et alii, 2020), così come denti di squalo; in particolare, di questi ultimi si hanno resti riferibili a squali durofagi (organismi che si nutrono di organismi dal guscio duro come bivalvi, ricci di mare e crostacei) del gruppo degli hybodonti (Asteracanthus cf. A. magnus – Citton et alii, 2019).

Affioramenti chiave

Il Gruppo del Bugarone ha, come area-tipo, l’Appennino Umbro-Marchigiano. In particolare, gli affioramenti più esemplificativi di questa unità si hanno sul Monte Nerone, sul Monte Acuto, al Monte Roma-Monte Val Canale e al Furlo.
Riguardo il Monte Nerone, lungo la strada sterrata che da Pieia conduce alla cima di Monte Nerone si hanno ottimi affioramenti di questa unità in località Sasso della Rocca, Fosso Bugarone, Fonte dei Ranchetti e Pian del Sasso. Seguendo, invece, la strada che da Serravalle di Carda conduce al monte, affioramenti di “Bugarone” si hanno a Collungo e a Fosso Pisciarello. La strada che da Piobbico sale alla cima del Nerone permette di apprezzare gli spettacolari affioramenti della Valle dell’Infernaccio, de I Ranchi e di Campo al Bello. In queste ultime località è possibile riconoscere l’interdigitazione dei Calcari Diasprigni (comparsa di calcari con selce e argille verdi-bluastri) nel Gruppo del Bugarone. Altri affioramenti caratteristici si hanno nel Fosso del Presale e ai Ranchi di Nino.
Degno di nota è anche lo spettacolare affioramento di Gorgo a Cerbara, dove il taglio artificiale di un fronte di cava permette di apprezzare il passaggio del Calcare Massiccio al Gruppo del Bugarone e, poi, alla Maiolica, così come l’appoggio laterale delle unità bacinali sul Calcare Massiccio stesso.
Sul Monte Acuto, depositi riferibili al Gruppo del Bugarone possono essere riconosciuti in prossimità della cima poggianti in discordanza angolare direttamente sul Calcare Massiccio, a formare delle tasche isolate di rocce pelagiche estremamente fossilifere circondate da calcari granulari.
In Val Canale, lungo le pendici del Monte Roma fra i comuni di Frontone e Serra Sant’Abbondio, affiora una successione condensata lungo il sentiero che da località Foce Alta conduce al Grottone.
Nella Gola del Furlo, il Gruppo del Bugarone è spettacolarmente esposto nella Cava del Furlo, a poche centinaia di metri dalla località omonima, dove si può apprezzare anche l’intercalazione di depositi marnosi rossi riferibili al Rosso Ammonitico nel “Bugarone”. Altri ottimi affioramenti si hanno proseguendo la strada che da Furlo conduce alla cava e al Monte Pietralata, e in particolare al Rifugio del Furlo dove si ha una splendida successione condensata.
Altri affioramenti tipici, sebbene in zone contigue rispetto alle nostre aree, si hanno sul Corno di Catria e a Isola Fossara (Valle del Corno), a Monte Cucco, in prossimità delle gole di Frasassi e della Rossa e, in particolare, sul Monte Frasassi, sul Monte Valtreara, sul Monte Sassone.

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