Grotta della Volpe

GROTTA DELLA VOLPE

STORIA DELLE ESPLORAZIONI

La grotta è stata topografata, studiata, resa nota al mondo speleologico e catastata presso la Regione Marche dal gruppo speleologico di Città di Castello nei primi anni ‘80. Tuttavia nella cavità sono certamente entrati avventurieri locali cui si deve la denominazione, rispettata dagli speleologi.
Questa grotta riveste un interesse molto particolare essendo quasi unica nel suo genere, si apre infatti nella formazione Marnoso-arenacea, una successione di strati impermeabili e non corrodibili, e quindi non carsificabili. Nessuno speleo-esploratore cercherebbe grotte in questo contesto geologico, ma preziosa fu l’informazione fornita allo speleologo tifernate Marco Bani da parte di un anziano, giù all’osteria. L’indicazione divenne credibile quando gli speleologi constatarono che le arenarie in quell’area presentano l’eccezione costituita da uno spesso strato contenente una quota di calcare.

ORIGINE DELLA GROTTA

Gli strati di arenaria sono l’esito di frane sottomarine dette torbide. Si tratta di scorrimenti veloci sulla scarpata sommersa della sabbia che, formata da particelle più pesanti delle componenti argillose, i fiumi depositano sottocosta non appena perdono energia. La parte terrosa composta di particelle leggere invece arriva al largo e si deposita indisturbata per periodi molto lunghi. Raggiunta la massa critica si verificano periodiche frane sabbiose che si stratificano su fondali ricchi di vita. Le tracce di quegli ecosistemi sottomarini vengono stampate in negativo sui materiali che vi si depositano sopra e oggi ne possiamo rilevare le tracce sotto ogni livello di arenaria. E anche nel “soffitto” piatto della Grotta della Volpe.

Genesi della grotta:
1 – In una piccola frattura della calcarenite penetra acqua e, per corrosione carsica, si ingrandisce un piccolo canalino.
2 – Quando l’acqua, scorrendo, acquisisce abbastanza energia comincia a trasportare elementi in sospensione e ad erodere meccanicamente, per abrasione, la marna sottostante
3 – Si forma una piccola valle a “V”, che, per gravità, sposta a valle il suo centro rispetto all’originario canalino.
4 – Aspetto attuale mediamente caratteristico di tutta la grotta.

AVVICINAMENTO

Circa 3,5 km a monte di Apecchio, salendo verso Bocca Serriola, si deve imboccare una strada sulla sinistra all’altezza di Osteria Nuova. La strada sale fino a superare “La Chiusura” e raggiungere il crinale a S. Paolo Fagnille. Al bivio occorre prendere la destra e percorrere circa un chilometro fino a scorgere sul vertice della collina la casa di Montalto. Poco più avanti il sentiero 239 proveniente dalla direzione opposta lascia la strada e discende, a destra. Percorsi circa 300 m in discesa occorre lasciare il sentiero scendere sulla sinistra per un centinaio di metri fino ad un filo spinato, appena oltre il quale e sotto roccia si apre la Grotta della Volpe. Non è facile trovarla, ma d’altra parte il consiglio è di rivolgersi a una guida professionale o a chi comunque abbia le cognizioni speleologiche e geologiche necessarie a illustrarvi le peculiari caratteristiche di questa cavità. La grotta non presenta pericoli, ma l’ingresso stretto, soprattutto nell’uscire in salita, richiede consiglio ed assistenza verso chi non sia abituato alla particolare situazione.
Volendo abbinare alla visita della grotta una bella escursione a piedi allora si può partire da Bocca Serriola e, carta alla mano, prendere il sentiero 239 fino a Montalto e proseguire come sopra indicato.

LA VISITA

La visita a questa grotta non presenta pericoli, sviluppandosi un leggere discesa assecondando la pendenza degli strati. Tuttavia nella stretta fessura d’ingresso, nel caso di argilla bagnata, si potrebbero trovare difficoltà. Per questo è sconsigliabile avventurarsi da soli. Ma la guida non è consigliabile solo per la sicurezza, ma soprattutto per fruire delle spiegazioni e delle descrizioni su questa grotta che non ha eguali, essendo esito di un fenomeno e di circostanze pressoché unici.

INTERESSE NATURALISTICO

La grotta ospita interessanti specie cavernicole, come i geotritoni, dolicopode e il ragno delle grotte, ma questa cavità presenta aspetti geomorfologici che la rendono peculiare e su cui vale la pena porre l’attenzione. Ne è stata sopra descritta la particolare ed esclusiva speleo-genesi. Adesso in grotta se ne possono osservare gli elementi.
Superata dopo una quarantina di metri la scomoda discesa iniziale ci si immette nel ramo principale, con una parte breve in salita e la galleria principale in discesa, entrambe ampie e di facile progressione. Nel soffitto piatto è interessane osservare un serpeggiante canalino. Quello rappresenta il primo atto della grotta, il vuoto generato dalla corrosione carsica che ha permesso poi all’acqua di erodere anche la parte terrosa sottostante. Ma molto più interessante è osservare su quel piatto “soffitto” un insieme di forme tendenti ad esser parallele e a indicare una direzione preferenziale. Si tratta della contro-impronta del fondale marino sopra il quale alcune centinaia di migliaia di anni or sono quella stratificazione si è adagiata dopo lo scivolamento sulla scarpata inclinata sommersa.

Dopo il bivio e percorsi una sessantina di metri in discesa si giunge in uno spazio ribassato e ingombro di parti di volta franata. La grotta prosegue, ma diviene più stretta e franosa. Meglio concludere la visita in questo punto.

LASCIATE SOLO L’IMPRONTA DELLE SCARPE. PRENDETE SOLO FOTOGRAFIE.
IN PRESENZA DI PIPISTRELLI PASSATE RAPIDI, SENZA DISTURBARE.
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BIBLIOGRAFIA
Bani M. 1999 – Speleologia nel flysch dell’Appennino umbro-marchigiano. Rivista della Società Speleologica Italiana, n, 40, Città di Castello, pp. 3-12

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