Gatto selvatico

IL GATTO SELVATICO

prefazione

Considerato confinato nell’Italia centro-meridionale fino a 20 anni fa, la conoscenza del suo areale di distribuzione si è poi completamente modificata grazie all’avvento del foto-trappolaggio. Grazie alle macchine fotografiche attaccate agli alberi sono state ottenute le prove della sua presenza anche in gran parte dell’Appennino centro-settentrionale. Animale estremamente schivo ma anche una specie tra le più rare dei mammiferi italiani: va da sé che il contatto visivo diretto rappresenti un episodio quasi impossibile da verificarsi. Tra l’altro il gatto selvatico privilegia come habitat il cuore più selvaggio e impervio della foresta, con roccia e piccoli corsi d’acqua. Sono i resti dei suoi pasti i soli indizi che permettono di ipotizzare la sua presenza e di provare quindi ad immortalarlo con una o più fotocamere. In seguito, verificato che si tratta di un probabile gatto selvatico, i dubbi residui vengono superati con l’istallazione di una esca odorosa nella quale il felide finirà col strofinarsi lasciando del pelo da cui viene estratto il dna. Insomma, il gatto selvatico in tanti luoghi c’era ma non si vedeva.

considerazioni

L’avvento delle nuove tecnologie di ricerca ha permesso di ridisegnare l’areale e fatto tirare un sospiro di sollievo su quello che sembrava un declino che avrebbe portato la specie all’estinzione. Ora sappiamo che i gatti selvatici sono più di quelli che si pensava e occupano più siti di quelli che si conoscevano. Ma la nuova mappa mostra una distribuzione molto spezzettata, con numerosi esemplari solitari e poche popolazioni vitali. Alle barriere naturali rappresentate dai fiumi ora il territorio somma una moltitudine di barriere artificiali, come le grandi strade e le ferrovie e il nuovo paesaggio rurale è sempre più brullo: questa frammentazione isola sempre di più individui e coppie. Dal punto di vista genetico la mancanza di scambi può divenire già nel medio termine un fattore limitante molto pericoloso per la specie.

indicazioni

Anche nel territorio della provincia di Pesaro e Urbino gli ultimi 20 anni hanno regalato la scoperta di insospettabili presenze di questo bellissimo felide. Esemplari sono stati rinvenuti in tutti i monti della catena appenninica, e in molti se lo aspettavano, mentre hanno sorpreso le scoperte fatte nei monti del Furlo e soprattutto sui monti delle Cesane. In un paio di occasioni le trappole fotografiche hanno immortalato anche dei piccoli, a dimostrazione che nel territorio convivono ambo i sessi. Senza l’ausilio della tecnologia avvistare un gatto selvatico attivo nel proprio ambiente è una chimera: degli avvistamenti tuttavia ci sono stati, ma si è sempre trattato di episodi del tutto fortuiti e durati pochi secondi. A meno che il gatto selvatico non finisca in una gabbia a scatto destinata a catturare altri animali, come successo nel territorio di Apecchio, quando poi il felide, dopo essere stato identificato è stato rilasciato e il filmato della liberazione, assolutamente inedito, ha trovato spazio nella nota trasmissione Rai “Geo e Geo”.
Non può essere comunque sottovalutata l’importanza di saper gestire le informazioni sulla presenza della specie, in modo da regolare l’incidenza delle attività antropiche che possono arrecare maggior disturbo, dal taglio del bosco alla caccia, dall’escursionismo ai cani vaganti.

informazioni

Le abitudini del gatto selvatico sono del tutto particolari, in gran parte ancora sconosciute. Maschi solitari con un vasto territorio da difendere e lunghi spostamenti per potersi riprodurre; femmine confinate in un territorio molto più piccolo, in attesa di ricevere la visita annuale del maschio o dei maschi, prodighe di cure parentali nei lunghi mesi che trascorrono con la prole. I maschi adulti hanno un qualche segreto per orientarsi e raggiungere il territorio delle femmine: lo fanno con quel po’ di aiuto che arriva nella fase ormonale, quando l’olfatto carpisce l’odore delle femmine in calore anche a lunga distanza, ma evidentemente sono in grado di farlo anche al di fuori di quel periodo. Studi realizzati in Umbria hanno registrato che alcuni maschi, provenienti da zone molto diverse e lontane tra loro, sono convogliati nel punto in cui dei cani da caccia avevano sbranato tre cuccioli, forse la prole della femmina che avevano avvicinato e forse coperto. Un episodio apparentemente inspiegabile, che però accresce il fascino di questo “fantasma del bosco”.
L’elusività e una certa capacità di adattamento e di scegliere prede molto diverse tra loro deve aver permesso al gatto selvatico di superare gli anni bui della persecuzione da parte dell’uomo e di trovare riparo quando i suoi habitat si sono drasticamente ridotti. La capacità di spaziare in una dieta che va dai micro-mammiferi agli uccelli e dai rettili ai pesci e persino insetti e aracnidi, ha consentito a questo astuto predatore di trovarsi nicchie ecologiche con pochi altri competitori, con la protezione del bosco più fitto e con una sufficiente distanza dalle aree frequentate dall’uomo. Stare lontano dalle aree antropizzate o dove l’uomo svolge le sue attività ha effetti positivi sulla incolumità del gatto e del suo habitat. Lontano dai luoghi degli uomini sfugge quasi completamente anche al rischio di incontrare cani vaganti e soprattutto gatti domestici; con questi ultimi potrebbe incrociarsi e mettere a repentaglio la purezza del suo patrimonio genetico.

curiosità

Il gatto selvatico (Felis silvestris) è l’unico carnivoro ad essere distribuito in tre diversi continenti nei due emisferi. L’Italia è il paese nel quale questa specie ha la più alta complessità biogeografica per la presenza del gatto selvatico europeo diviso nelle popolazioni peninsulare, nord-occidentale e nord-orientale, per la presenza della sottospecie sicula in Sicilia e per quella del gatto selvatico africano in Sardegna.
La somiglianza con alcuni gatti domestici è tale che se non si possono fare verifiche genetiche o se le immagini carpite con il foto-trappolaggio non mostrano alcuni caratteri morfologici e colorazioni del mantello, il riconoscimento non è possibile. Il gatto selvatico ha un mantello bruno tigrato nel quale si possono notare quattro strie nere sulla nuca, una netta stria vertebrale che va dalla base del collo alla base della coda, strie trasversali sui fianchi poco definite e la coda piuttosto corta ma clavata con evidenti anelli neri ben separati tra loro.
Come tutte le specie appartenenti alla famiglia dei felidi, anche il gatto selvatico è un carnivoro obbligato, quasi esclusivamente consumatore di vertebrati, poco specializzato sugli alberi e poco a suo agio in acqua. Ricava le sue tane in cavità naturali o approfitta di quelle abbandonate da tassi e volpi.
I dati biometrici del gatto selvatico riportano una lunghezza tra i 45 e i 80 cm, una coda di 29-40 cm, orecchie lunghe fino a 6 cm ed un peso che può arrivare a 8 chilogrammi. Tra i caratteri somatici e anatomici, oltre al particolare disegno del mantello, è caratteristica la testa tonda, gli occhi grandi color giallo-verdi e zampe anteriori con 5 unghie, posteriori con 4. Il dimorfismo sessuale è poco evidente, apprezzabile solo con le dimensioni più grandi del maschio, in particolare della testa. La maturità sessuale giunge già nel secondo anno di vita, l’accoppiamento avviene tra gennaio e marzo, a cui segue una gestazione di 68 giorni.
La specie è particolarmente protetta in Italia dalla Legge n. 157 dell’11 Febbraio 1992; protetta anche a livello europeo in base alla Direttiva di Berna del 1979 e dalla Direttiva Habitat del 1992 che la considera nell’allegato IV come specie di interesse comunitario che richiede una protezione rigorosa.

Riferimenti bibliografici:

AA.VV., 2014. Il gatto selvatico europeo nelle Riserve Naturali Casentinesi. Corpo Forestale dello Stato.
Poggiani L., Dionisi V., 2015. Mammalia, i mammiferi del bacino del Metauro. Collana “I libri del Lago Vicini” – n.3. Fondazione Cassa di Risparmio di Fano.
Uncini G. 1999. Mammiferi e uccelli nelle Marche, descrizione della fauna selvatica omeoterma. Regione Marche, Assessorato Caccia e Pesca

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