Falco pellegrino

IL FALCO PELLEGRINO

prefazione

Nell’immaginario collettivo i falchi occupano un posto di rilievo nel palcoscenico della natura selvaggia e indomabile. Il falco pellegrino, tra i falchi, è sicuramente il più famoso. Famoso per la sua proverbiale velocità, famoso per le sue prodezze acrobatiche. Non è tuttavia un acrobata e neanche un amante del brivido ad alta quota. Il falco pellegrino è un piccolo rapace che per cacciare ha affinato caratteri evolutivi che si avvicinano molto alla perfezione, così da garantirgli, nelle condizioni a lui più gradite, un buon pasto tutti i giorni. Allo stesso tempo questo eccellente predatore è anche un arcigno difensore del proprio territorio e un attento genitore che sceglie con cura dove realizzare il nido. Le sue abitudini e le preferenze verso determinati habitat lo portano non di rado a condividere terra e aria con altri uccelli: quelli più piccoli tendono ad allontanarsi, per non entrare nella sua dieta, quelli più grandi e potenziali concorrenti, se non alimentari, spaziali, cercano di trovare aggiustamenti. Con il falco pellegrino non si scherza, neanche se sei il triplo più grande di lui.

considerazioni

Il falco pellegrino non ha molte esigenze in termini di spazio ma ne ha molte in termini di qualità dell’ambiente: un bosco, le rocce, magari un fiume, un lago o persino il mare. Il nord delle Marche ha la fortuna di ospitare sul proprio territorio diversi corsi d’acqua disposti a pettine tra l’Appennino e il mare; corsi d’acqua più o meno grandi che fatalmente incontrano nel loro alto e medio corso sponde rocciose di ogni dimensione e forma. Per il falco pellegrino le probabilità di soddisfare le proprio richieste sono alte, ma la disponibilità di luoghi adatti alla caccia e alla nidificazione non basta, occorre anche che quei luoghi siano al riparo dal disturbo antropico diretto e indiretto. I tanti, troppi lavori di cosiddetta pulizia dei fiumi sono un atto concreto e diretto che sconvolge la vita di chi ha fatto di quelle poche centinaia di metri di fiume il luogo in cui vivere e riprodursi; allo stesso tempo il formarsi e la permanenza di una coppia di falchi non può prescindere dalla disponibilità di prede, che invece restano ancora oggi quelle più ambite e abbattute dai cacciatori nella stagione venatoria, come ad esempio i colombacci.

indicazioni

L’habitat d’elezione per il falco pellegrino in questo territorio è la Gola del Furlo: all’interno del grande canyon, sebbene le aquile reali si prendano quasi tutta la scena, un ritaglio del magnifico ecosistema stretto tra calcare e Candigliano è proprietà privata di una coppia di falco pellegrino. Le aquile lo sanno, altri rapaci pavidi e smarriti che passano di lì capiscono ben presto che quel sibilo che hanno sentito vicino vicino è una picchiata minacciosa del padrone di casa. La stessa combinazione di fiume e pareti di roccia il falco pellegrino le trova nella Gola del Candigliano presso Piobbico, nella Gola del Burano, in alcune anse del corso del Biscubio. Ma ci sono anche individui che vivono nella falesia del Monte San Bartolo ed altri persino in città: alcuni ci sono arrivati da soli e hanno messo su famiglia, come a Fano, nel centro storico; altri sono stati introdotti in modo sperimentale per contrastare la presenza dei piccioni.

informazioni

Anche se le dimensioni non gli permettono di essere affiancato ai superpredatori propriamente detti, che il falco pellegrino sia molto vicino al vertice della piramide ecologica è dimostrato dal numero esiguo di coppie sedentarie e nidificanti. Pur considerando il disturbo da parte dell’uomo, a questa specie è storicamente legata una dicotomia molto particolare, rappresentata da individui stabili sul territorio e altri migratori, che in Italia centrale si fermano per l’inverno giungendo dal nord Europa. Ne deriva che una parte considerevole dei pochi posti a disposizione di queste frecce alate non sono disponibili in modo continuativo.
Nelle aree in cui la presenza fissa del falco pellegrino è una realtà assodata, altri falchi e persino gli accipitridi (molto più grandi, come l’aquila) si sanno regolare in modo da non interferire con le sue zone di caccia. Nella Gola del Furlo quasi ogni anno si ripete la scena della giovane aquila nata in primavera che a fine estate compie i primi voli finendo inconsciamente nel settore occupato dal falco pellegrino che a sua volta, pazientemente, se non bastano le ripetute, rumorosissime vocalizzazioni, ricorre a voli dimostrativi di solito molto eloquenti che fanno sobbalzare e allontanare il malcapitato rapace.
Sfidare il falco pellegrino in aria non conviene a nessuno: finché non si tocca il suolo non ci sono rivali che possano mettere in discussione il suo territorio, nessuna preda che possa sfuggire, se non è capace di ricorrere ad astuti stratagemmi. Le attività non aeree di questo missile pennuto si limitano alle sole soste su minuscoli posatoi in mezzo a grandi pareti rocciose verticali. Lo stesso nido è tra i meno elaborati, ricavato su uno spoglio terrazzino affacciato nel vuoto. Che l’attacco di un pellegrino sia una condanna a morte lo dimostrano i comportamenti delle sue potenziali prede: dove vola il loro predatore, taccole, colombacci e storni quando si vibrano in volo lo fanno in grandi stormi dentro i quali ci sono certamente più probabilità di non essere attaccati. Il falco pellegrino in questi casi cerca di isolare una singola preda dopo di che la colpisce in volo, di solito piombando dall’alto, causando un contraccolpo sul collo che ne provoca la rottura.

curiosità

Il falco pellegrino (Falco peregrinus) appartiene all’ordine dei falconiformi e alla famiglia dei falconidi. La lunghezza del suo corpo è di 38-48 cm, il peso di 450-900 grammi, l’apertura alare di 90-110 cm. La femmina è più grande e più scura del maschio. Le ali sono appuntite e la coda lunga e leggermente affinata in punta. La colorazione dell’adulto va dal dorso color lavagna al petto biancastro, la testa nera; nei giovani la colorazione di fondo è bruno-striato. Se trova il suo habitat può vivere dal livello del mare fino ai 2.000 metri di quota.
La sua proverbiale velocità, che pare toccare i 340 km orari, è possibile grazie al corpo molto affusolato e dalla capacità di battere le ali anche nel volo verticale. Come altri rapaci gli occhi del pellegrino sono protetti da una doppia membrana, una delle quali trasparente, in modo da andare in picchiata senza dover chiudere gli occhi ma allo stesso tempo evitando pericolosi urti con corpi contundenti.
La specie oltre che territoriale è anche monogama, per cui ne deriva che i giovani si allontanino prima della nuova annuale stagione degli amori. La femmina depone 2-4 uova e la cova, che ha inizio a marzo, viene effettuata da entrambi i genitori e dura circa un mese. Lo svezzamento della prole può durare fino a 3 mesi, durante i quali i genitori, inizialmente a turno, poi in coppia, portano al nido ogni genere di alimento che nei primi giorni rigurgitano direttamente nel becco dei piccoli. Piccoli crescono velocemente ed entro la fine di maggio normalmente si involano per poi restare nel territorio dei genitori, con padre e madre che gli mostrano i metodi di caccia per almeno altri 6 mesi, mentre prendono confidenza con le loro straordinarie capacità di volo, le tattiche per difendere il territorio e la cura del piumaggio.
Con numerose sottospecie il falco pellegrino è presente in quasi tutto il mondo, con le popolazioni principali in Europa occidentale, Australia, Canada e Alaska.
Storicamente ricercato per la falconeria, i piccoli venivano rapiti dal nido e allevati in cattività per essere venduti. Ancora oggi la falconeria utilizza questi rapaci non di rado incrociati con specie affini.
Il falco pellegrino è una specie particolarmente protetta dalla legislazione italiana ai sensi dell’art. 2, comma 1 della Legge n.157 dell’11 Febbraio 1992.

Riferimenti bibliografici:

Pandolfi M., Sonet L., 2006. La migrazione dei rapaci nel Parco del San Bartolo. Parco Naturale del Monte San Bartolo.
Pandolfi M., Giacchini P., 1995. Avifauna nella provincia di Pesaro e Urbino. Amministrazione Provinciale di Pesaro e Urbino.
Peterson R., Mountfort G., Hollom P.A.D., 1988. Guida degli uccelli d’Europa. Franco Muzzio Editore.
Poggiani L., Dionisi V., 1988. Uccelli del bacino del Metauro. Centro Studi Ecologici Associazione Naturalistica Argonauta, Federazione Nazionale Pro Natura.
Uncini G., 1999. Mammiferi e uccelli nelle Marche: descrizione della fauna selvatica omeoterma. Regione Marche, Assessorato Caccia e Pesca.

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