Cervo

IL CERVO

prefazione

Il più grande erbivoro italiano ha iniziato da pochi anni a ricolonizzare il nord delle Marche. Mentre all’altra estremità di questa regione, nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini, il ritorno del re della foresta è frutto di una reintroduzione mirata, nella provincia di Pesaro e Urbino i cervi sono tornati spontaneamente migrando dalla valtiberina e dalle foreste casentinesi. Un miracolo in corso che va agevolato e protetto, perché il valore biologico ed ecologico di una specie così esigente rappresenta una scommessa nella gestione del paesaggio forestale e nella gestione della fauna selvatica. Il cervo nobilita un’area e la sua presenza non passa inosservata: fotografi naturalisti e appassionati di animali possono cercare l’adrenalinico contatto visivo con questo animale, aspettare la fine dell’estate per ascoltare il celebre bramito e andare alla ricerca dei grandi palchi che cadono dalla testa dei maschi in ogni inverno.

considerazioni

Il ritorno del cervo sta a dimostrare che la specie ha bisogno di ampliare il proprio areale di distribuzione: la popolazione che ormai da tanti anni si è affermata nell’Appennino tosco-romagnolo, com’è normale che sia, cerca corridoi ecologici e fortunatamente ha trovato questa continuità nei rilievi boscosi delle Serre dove insistono vaste aree demaniali in cui la combinazione di divieto di caccia e fustaie di cerro ne ha agevolato l’espansione. Ma al di fuori di quelle aree circoscritte gli individui che proveranno a scendere ancora più a sud, nel momento in cui abbandoneranno il crinale principale finiranno sulle strade, in mezzo ad esausti e sconfinati boschi cedui e pericolosissime braccate di caccia al cinghiale. Il ritorno del cervo è una piacevole novità tutt’altro che assodata, che occorre gestire con oculatezza, auspicando una conversione della selvicoltura e la prevenzione di ogni forma di bracconaggio. Probabilmente la migrazione in terra marchigiana è stata iniziata alla fine degli anni ’80 da un piccolo branco di almeno 7 esemplari che riuscirono ad uscire dal recinto di un’area faunistica di acclimatazione in località Rogni, in comune di San Giustino, all’interno del bosco di alto fusto conosciuto come Macchie di Rogna venduti da una confraternita e annessi al Demanio di Bocca Serriola.

indicazioni

Dopo oltre 50 anni il bramito del cervo è riecheggiato nella Foresta Demaniale di Bocca Serriola: è da lì, da quel lembo di terra marchigiana agganciata alla terra umbra e così vicina allo spigolo orientale della Toscana che questo imponente animale ha trovato la strada per raggiungere questa parte dell’Appennino. Sui suoli di marne e di arenarie quei grossi zoccoli devono aver sentito distintamente la continuità geologica dei territori da cui erano partiti, incuranti degli umani confini regionali e dei rischi che potevano riservare strade, fiumi e centri urbani. Forse per la stessa composizione delle rocce, più probabilmente per l’assenza della pressione venatoria, alcuni cervi hanno raggiunto anche il Demanio di Monte Vicino sul Candigliano mentre qualche individuo solitario pare abbia addirittura raggiunto la valle del Burano muovendosi probabilmente tra Montiego e i crinali di Rocca Leonella.

informazioni

Il cervo è un animale sociale; quando la popolazione è vitale la composizione dei branchi cambia più volte lungo le stagioni. In inverno possono ritrovarsi assieme oltre 50 cervi e in quel contesto si realizza una tregua da tutti i recenti scontri autunnali. In primavera le femmine gravide si sganciano a gruppetti di due o tre e si preparano alle nascite, che arrivano puntuali tra metà aprile e gli inizi di giugno, mentre i giovani maschi formano piccoli branchi e quelli più vecchi si isolano. In estate si compie lo svezzamento dei nuovi nati e i maschi più vigorosi mangiano avidamente preparandosi per la stagione degli amori.
L’estro dei maschi sopraggiunge tra la fine di agosto e i primi giorni di settembre e tiene banco per un mese: nel giro di dieci giorni l’odore dei feromoni avvolge tante zone della foresta perché l’attività dei cervi è frenetica, con il palco al massimo sviluppo, con la folta criniera che nel frattempo si è sviluppata sul collo e con il pelo dei fianchi bagnato della propria urina. Iniziano a sentirsi i bramiti: in principio solo nella notte, poi anche subito dopo il tramonto, poi anche di giorno. I maschi si affrontano nelle arene e le femmine mature, che ormai sono radunate in gruppi 8-10 esemplari, aspettano il vincitore. Tra duelli a bramiti e a scornate e poi l’accoppiamento con le femmine, i grandi maschi dominanti trascorrono 4-5 settimane praticamente senza mangiare e senza dormire; spossati, ma con la certezza di aver tramandato il proprio patrimonio genetico alcuni di quei maschi, sorpresi da un inverno troppo precoce e duro periscono nella neve. Le femmine sono spettatrici nella fase di confronto dei maschi, ma già subito dopo l’inverno dovranno trovare da sole il posto giusto per partorire e da sole allevare la prole. I cerbiatti, che in genere sono solo uno, più raramente due, nascono in un luogo appartato, se possibile tra l’erba alta, distanziati uno dall’altro in caso di gemelli. Per alcune settimane i cuccioli restano immobili, stesi a terra, con il pelo della schiena maculato, silenziosi e senza odori perché i pochi contatti con la madre, che si limitano all’allattamento, sono seguiti sempre da un’accurata pulizia a robuste leccate con cui mamma cervo toglie a suo figlio l’odore che potrebbe avergli trasmesso. Mimetizzati, muti e inodore, i piccoli sono molto più protetti che affianco alla madre che deve pensare a muoversi con scaltrezza, evitare pericoli e mangiare tanto. Mamma cervo e la sua prole vivranno in simbiosi almeno fino a dopo l’inverno, poi le giovani femmine rimarranno nei paraggi, i giovani maschi inizieranno ad allontanarsi cercando nuovi territori.

Curiosità

Il cervo (Cervus elaphus) capeggia la famiglia dei cervidi, ricompresa nell’ordine degli artiodattili. Il corpo misura in lunghezza fino a 210 cm nei maschi e 180 cm nelle femmine. L’altezza al garrese può raggiungere i 125 cm nei maschi e i 110 cm nelle femmine. La forbice tra i due sessi si allarga nei dati del peso: fino a 200 kg per i maschi, 130 per le femmine. Il mantello subisce una modifica cromatica piuttosto evidente tra inverno e estate: per la stagione fredda si presenta bruno-rossiccio mentre quando le ore di luce aumentano tende a diventare più chiaro. Lo specchio anale è giallastro, tendente al rossiccio in inverno. Il dimorfismo sessuale nei cervi è dei più appariscenti tra i mammiferi italiani: questa specie è infatti spiccatamente poligama e l’obiettivo dei maschi adulti è quello di crearsi un harem con numerose femmine. Così, a parte che per l’altezza e il peso, i maschi sviluppano già dal secondo anno di vita un palco che negli anni si ingrandisce e si ramifica sempre più, fino all’età di 8-9 anni quando l’animale raggiunge il massimo vigore. Il palco ogni anno, nell’ultima parte dell’inverno, cade a terra affinchè quello nuovo inizi a ricrescere. Superata la fase di massimo sviluppo ponderale i grossi maschi subiscono una fase regressiva dei parametri biometrici per cui gradualmente negli ultimi anni di vita perdono peso e si riducono le dimensioni dei palchi. Del resto i palchi sono notoriamente lo specchio delle condizioni di salute: più solidi, più grandi e più simmetrici significa maschio in piena salute, con un patrimonio genetico che le femmine non vogliono farsi scappare. Di fatto questa vistosa e ingombrante appendice al corpo dell’animale altro non è che un ornamento per apparire più bello e più maestoso, con il bramito e la criniera del collo a completare la presentazione del re della foresta, così impressionante da condizionare la scelta delle femmine e da portare a più miti consigli altri maschi pretendenti. Solo quando il confronto visivo e quello vocale non basta si può giungere allo scontro fisico: ecco che in quel caso i palchi svolgono la seconda loro funzione, una serie di rumorose scornate che quasi mai arriva all’estrema conseguenza del ferimento di uno dei duellanti.
Dotarsi di uno strumento del genere non è cosa da poco, anche perché un singolo palco può arrivare a pesare oltre 6 kg: a giudicare dal nervosismo dell’animale la crescita di queste ramificazioni cheratinose provoca un certo fastidio. In quei 2-3 mesi i palchi progrediscono giorno per giorno, a vista d’occhio, ricoperti dal cosiddetto velluto, una membrana pelosa densamente vascolarizzata che a cose fatte il cervo si toglie di dosso strofinandosi su cortecce e cespugli.
Il cervo è una specie cacciabile secondo la legge ma nelle Marche, per via dell’esiguo numero, non è inserita tra gli animali a cui è consentito sparare secondo il calendario venatorio regionale.

Riferimenti bibliografici:

Uncini G. 1999. Mammiferi e uccelli nelle Marche, descrizione della fauna selvatica omeoterma. Regione Marche, Assessorato Caccia e Pesca.

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