Aquila Reale

L’AQUILA REALE

prefazione

Il più grande rapace italiano vola anche nei cieli del nord delle Marche, dove la particolare morfologia del territorio ha permesso, in diversi siti, il formarsi del suo habitat. Le 500 coppie censite in Italia sono per tre quarti sulle Alpi, perché è quello dell’alta montagna normalmente il suo ambiente d’elezione, ma le forme del paesaggio, scolpite sulla roccia calcarea del Monte Catria, del Monte Nerone, del Monte Petrano e della Gola del Furlo, combinate alle praterie secondarie che le sovrastano, si sono rivelate egualmente adatte all’affermarsi di ben 4 coppie.
Le esigenze della regina dei cieli sono soddisfatte da un ambiente che deve comprendere pareti adatte alla nidificazione e zone aperte in cui cacciare, ma allo stesso modo la sua presenza e la sua permanenza non può prescindere dall’assenza di disturbo antropico e dalla disponibilità di prede. In un mosaico che ha questi fragili equilibri l’aquila reale si erge a specie-bandiera che assolve pienamente al ruolo di indicatore ecologico in grado di essere un parametro affidabile per valutare la qualità dell’ambiente e del rapporto tra l’uomo e la natura.

considerazioni

A tutela delle aquile reali la legislazione ambientale ha consentito di creare aree ad alta protezione nel raggio di 500 metri dai siti di nidificazione, col divieto di avvicinarsi sia in escursione, sia in arrampicata o con mezzi volanti; per la necessità di tutelare anche le loro prede, i prati dove questo rapace si alimenta sono quasi tutti divenuti nel tempo Oasi di Protezione, col divieto di caccia.
Questi provvedimenti costituiscono un punto di partenza per cercare di garantire un minimo di standard di sicurezza e tranquillità alla specie, ma appaiono insufficienti alla luce del successo riproduttivo delle coppie, sempre piuttosto discontinuo. Nell’unica area interessata dalla presenza delle aquile in cui è stata istituita una vera e propria area protetta, la Riserva Naturale Statale Gola del Furlo, i numeri sono molto diversi e molto più rassicuranti per la permanenza di questi fantastici animali: prova questa che non bastano i divieti e che la bolla di protezione deve essere più ampia e eterogenea.

indicazioni

L’osservazione delle aquile non può prescindere da una serie di accorgimenti che sono di fondamentale importanza per non arrecare disturbo: le conseguenze sarebbero molto gravi, dall’abbandono della prole nel nido all’allontanamento definitivo dal territorio. Per queste ragioni occorre tenersi a distanza dai luoghi sensibili e nascondere la propria presenza. Nella Gola del Furlo i nidi si trovano nelle pareti del Monte Paganuccio e i punti di osservazione sono la terrazza della Testa del Duce e lungo la strada Flaminia che attraversa la Gola. Sul Monte Catria le aquile nidificano alla Balza dell’Aquila così che per assistere alle attività del periodo di svezzamento occorre percorrere il sentiero 51 di Costa Calecchie. Per il Monte Nerone, dove le aquile nidificano normalmente nelle pareti della Costa delle Spugne, non ci sono punti di osservazione veri e propri ma solo la possibilità di stazionare nella zona del Rio Vitoschio aspettando di vedere i numerosi voli da e per il nido nei mesi primaverili. La coppia del Petrano nidifica nella Gola del Burano, nei pressi di Cantiano, e il sito è osservabile dalla Fonte delle Fontacce lungo la strada Flaminia.

informazioni

La vita delle aquile, che sono animali molto longevi raggiungendo oltre i 25 anni, è scandita da alcune caratteristiche comportamentali, da esigenze biologiche e da abitudini sociali profondamente radicate nella specie. Ogni aquila reale ha l’obiettivo di formare una coppia e prendere possesso di un territorio che al suo interno abbia siti in cui costruire il nido, territori dove poter procacciarsi il cibo e un disturbo da parte degli esseri umani molto contenuto in generale e assolutamente assente nei pressi dei punti più sensibili che sono i nidi e i posatoi. La coppia di aquile difende il suo territorio da altre aquile e da altri grandi rapaci, potenziali competitori. Le aquile sono superpredatori al vertice della piramide ecologica, estremamente territoriali e in conseguenza al loro attaccamento all’area in cui vivono, considerando anche la necessità di sorvegliarla, limitano i propri spostamenti e si devono quindi basare sulle disponibilità di spazio e di cibo che trovano. L’alternativa, per loro, è volare lontano e cercare, se c’è, un altro territorio. Alla territorialità questa specie unisce la monogamia e questo significa che per ogni territorio, che sarà grande in proporzione al soddisfacimento delle esigenze della coppia (dai 3.000 gli 8.000 ettari), non possono vivere in modo permanente più di due aquile. Perciò non bisogna stupirsi del fatto che le giovani aquile nate dalla coppia se ne vadano via nei mesi invernali: la combinazione territorialità e monogamia produce automaticamente l’erratismo dei nuovi nati. Il vagare delle giovani aquile è assolutamente indispensabile per andare a colmare il vuoto che da qualche parte, nel vasto areale di questa specie, si è formato per la morte di un componente della coppia.
La vita di una coppia di aquile è scandita da dieci distinte fasi che si ripetono anno dopo anno: tra gennaio e febbraio la costruzione del nido o più spesso la sistemazione di quello usato in precedenza, i rituali di corteggiamento in cui maschio e femmina mostrano vicendevolmente il proprio vigore, l’accoppiamento, la deposizione delle uova, la cova, la nascita dei pulli di solito nel mese di aprile, lo svezzamento che dura fino a 3 mesi, l’involo delle giovani aquile, la convivenza dei genitori coi figli che apprendono i segreti della sopravvivenza, la partenza dei giovani per un viaggio di migliaia di chilometri e alcuni anni che permetterà loro di farsi una vita e garantire la prosecuzione della specie.

curiosità
L’aquila reale (Aquila chrysaetos) appartiene alla famiglia degli accipitridi; il suo corpo ha una lunghezza totale di circa 90 cm, un’apertura alare tra i 180 cm (maschi) e i 230 cm (femmine), un peso che va dai 3 ai 5 chilogrammi. Le penne remiganti possono raggiungere la lunghezza di 60 cm. Il colore delle aquile è marrone scuro e tra femmina e maschio il dimorfismo si limita alle dimensioni, mentre la colorazione chiara delle ali può indicare l’età mostrando riflessi dorati negli adulti: per il piumaggio definitivo occorrono 4 anni, per la maturità sessuale addirittura 5. Il becco, come in ogni rapace, è adunco, grigio bluastro negli adulti e giallastro nei giovani. Le zampe sono robuste, gialle, con unghie nere e tarsi piumati. Le aquile sono attive soprattutto nelle giornate calde, quando possono approfittare delle correnti ascensionali. Quando non vola la possiamo trovare ferma nei suoi panoramici posatoi da cui vigila sul territorio; di notte utilizza posatoi riparati diversi da quelli diurni. L’areale di questa specie comprende gran parte dell’emisfero boreale: le aquile italiane che migrano alla ricerca di un loro territorio possono raggiungere il medio-oriente, il nord-Africa, la penisola iberica, i balcani e il nord-Europa. Lo spettro alimentare delle aquile va dalla lepre ai micro-mammiferi, dai rettili ai grossi insetti, dagli uccelli di media taglia agli anfibi. Le femmine depongono fino a 3 uova e le covano per circa 40 giorni: normalmente due si schiudono. I pulli sono completamente ricoperti di un piumaggio bianco e sovente solo uno di essi giunge alla fine dello svezzamento: se le risorse alimentari non sono sufficienti o se ci sono differenze sensibili nelle dimensioni dei nidiacei, possono verificarsi episodi di cainismo, in cui uno dei pulli uccide l’altro.
L’aquila reale fa parte della lista esclusiva della fauna selvatica particolarmente protetta dalla legislazione italiana; la sua uccisione è un reato penale, ai sensi dell’art.2, comma 1 della Legge n.157 dell’11 Febbraio 1992. Il livello di protezione non riesce tuttavia ad eliminare la piaga del bracconaggio ai danni di questo simbolo della natura: a metà degli anni ’90 due esemplari vennero uccisi a fucilate sul Monte Catria e nel 2005 fu avvelenata, per fortuna non in modo letale, la femmina della Gola del Furlo. Altre cause di mortalità sono i fili dell’alta tensione, che causarono la morte di un’aquila sul Monte Nerone nei primi anni del 2000 e dallo scontro con le pale eoliche rispetto alle quali ci sono infatti forti limitazioni nei territori frequentati dalle aquile.

Riferimenti bibliografici:

Pandolfi M., Giacchini P., 1995. Avifauna nella provincia di Pesaro e Urbino. Amministrazione Provinciale di Pesaro e Urbino.
Peterson R., Mountfort G., Hollom P.A.D., 1988. Guida degli uccelli d’Europa. Franco Muzzio Editore.
Poggiani L., Dionisi V., 1988. Uccelli del bacino del Metauro. Centro Studi Ecologici Associazione Naturalistica Argonauta, Federazione Nazionale Pro Natura.
Uncini G., 1999. Mammiferi e uccelli nelle Marche: descrizione della fauna selvatica omeoterma. Regione Marche, Assessorato Caccia e Pesca.

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