Alessandra Ubaldi

BIOGRAFIA

“Sono convinta che la mia iniziativa sia stata condizionata dalla formazione artistica appresa prima all’Istituto Statale d’Arte e successivamente all’Accademia di Belle Arti.
La creatività è per me sempre stata necessaria, già da bambina, ma la formazione artistica – per di più in una città come Urbino, che è praticamente sinonimo di arte e bellezza – hanno sicuramente regalato qualcosa di più al mio modo di creare”.
Appassionata d’arte e di natura, racconta di un pigmento naturale unico: il guado.
E’ proprio all’accademia di Belle Arti di Urbino che negli anni ‘90 sente parlare per la prima volta di  macine, colore e coltivazioni di guado, una locale produzione agricola destinata non ad uso alimentare ma alla produzione di un colore raro.
Per anni conserva gelosamente un articolo di giornale che riscopre questa tradizione locale, dove l’antico ducato di Urbino è un importante distretto di coltivazione in tutta Italia.
L’artista inoltre ha ereditato dalla madre la curiosità e l’amore per la natura e anche la sua passione per i tessuti, tanto che nel 2016 decide di dedicarsi al guado a livello professionale.
Il guado per lei riallaccia temi come territorio, colore, storia del costume e agricoltura e i prodotti da lei realizzati riproducono, tramite un colore unico, simbologie perdute e natura.
I tessuti sono tinti con il guado, un pigmento naturale, richiede un processo lungo fatto di amore, cura nel trattamento, lavaggio ed esposizione alla luce. Il tessuto, cotone , canapa, lino o seta che sia, presenta irregolarità e le sfumature di colore ne garantiscono l’autenticità.

IL GUADO E IL TERRITORIO
Alessandra, nel suo sito, ripercorre brevemente le tappe della particolare storia del guado dalla quale scaturisce una riflessione sul recupero di antiche tradizioni e presenta diversi elementi quali un forte simbolismo, la storia dell’agricoltura, dell’arte e del costume.
Per seimila anni l’uomo ha usato le piante per tingere. Solo da poco più di un secolo, dalla scoperta del colore artificiale, questa pratica magica è andata perduta.
Il guado è il pigmento naturale ottenuto dall’Isatis tinctoria, storicamente usato in Europa per tingere tessuti e filati, in particolare il Ducato di Urbino e l’area appenninica erano un distretto importantissimo per la sua coltivazione, il territorio era disseminato di macine per il guado e numerosi documenti riportano informazione sulla sua coltivazione.
L’Isatis tinctoria è una pianta della famiglia delle brassicacee, è di origine asiatica e fu quasi certamente introdotta nell’area europea già nel Neolitico, utilizzata per tingere i tessuti di blu, ma sia i Greci che i Romani non lo amavano perché gli rimandavano al colore della morte e lo identificavano con le popolazioni barbare.
Nel 1200 invece il blu guado divenne in Europa il colore della “divinità celeste”, del prestigio, della nobiltà. Dipinti e ritratti del periodo storico dal 1200 al 1600 raffigurano personaggi nobili e figure religiose che indossavano abiti, manti, accessori blu guado. I pittori raffiguravano persone vestite con tessuti tinti di guado, ma utilizzando pigmenti minerali che imitavano il più possibile la tonalità del tessuto tinto naturalmente: usavano per esempio lapislazzuli e azzurrite.
Dopo il 1600, il guado scopare a causa dell’importazione dall’Oriente dell’indaco, una pianta che per resa e costi era più conveniente dell’Isatis tinctoria, questa brusca interruzione della coltivazione e utilizzo del guado distrugge l’economia e la tradizione autoctona. Infine nel 1856 Henry William Perkin scopre il primo colore sintetico. Per 164 anni, non sono più stati usati coloranti naturali nella produzione di tessuti, ma solo coloranti chimici industriali.
Guado Urbino recupera e racconta quindi una storia dimenticata attraverso una nuova produzione locale e artigianale di stole e foulard, coniugando natura e sostenibilità.

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In via Santa Chiara 5, nel laboratorio situato nei sotterranei di Palazzo Ruggeri, Alessandra racconta la storia del colore, la tecnica di tintura e delle antiche coltivazioni del Ducato. Si possono concordare su appuntamento visite al laboratorio per gruppi fino a 30 persone.

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